In Tunisia non sono ancora usciti i risultati definitivi delle presidenziali del 23 novembre che già i due probabili candidati al ballottaggio sono pronti a darsi battaglia.
Per il momento l’unico dato ufficiale è quello sull’affluenza alle urne (64,5 per cento). I sondaggi attribuiscono a Béji Caïd Essebsi, il leader del partito laico e conservatore Nidaa Tounes, che ha vinto le elezioni legislative del 26 ottobre, tra il 48 e il 43 per cento dei voti. Il presidente uscente Moncef Marzouki seguirebbe ad almeno dieci punti di distanza. I risultati ufficiali saranno pubblicati entro il 26 novembre, mentre il ballottaggio è previsto per la fine di dicembre.
Poche ore prima della chiusura delle urne, dallo schieramento di Marzouki si è levato un appello a sorvegliare attentamente le operazioni di voto per il timore di brogli a favore di Essebsi. Marzouki ha inoltre invitato il candidato di Nidaa Tounes ad affrontarlo in un dibattito televisivo prima del ballottaggio.
Essebsi ha risposto dichiarando che Marzouki ha attirato soprattutto i voti degli “islamisti”, dei “salafiti jihadisti” e dei “partiti più violenti”, aggiungendo che il suo avversario – in realtà, leader di un partito laico di centrosinistra – “è stato il presidente designato da Ennahda all’interno della troïka e ora gli islamisti sono schierati con lui” (la troïka è la coalizione di governo che ha preso il potere dopo la rivoluzione del 2011).
Questo scontro aperto rispecchia i toni duri di una campagna elettorale giocata sulla paura dell’altro, come si legge in un’analisi pubblicata da Nawaat. Per Essebsi – che ha scelto di richiamarsi al passato, e in particolare alla figura del presidente Habib Bourguiba – la peggiore minaccia per la Tunisia è l’islam, più o meno radicale, e l’ideologia jihadista, che ha spinto tanti giovani tunisini ad andare a combattere in Siria. Per Marzouki e altri candidati, il rischio peggiore è invece la controrivoluzione, il ritorno al vecchio regime incarnato da un partito conservatore populista come Nidaa Tounes.
Non stupisce quindi se, mentre i mezzi d’informazione internazionali lodano l’ennesimo passo della Tunisia sulla strada della democrazia, il quotidiano locale La Presse de Tunisie evoca nell’editoriale di oggi lo “scenario ivoriano”. Dopo le presidenziali del 2010 il presidente uscente Laurent Gbagbo si rifiutò di concedere la vittoria all’avversario. Seguirono cinque mesi di gravi violenze che causarono la morte di migliaia di persone. In questo caso si evoca per scongiurare, per allontanare l’idea di poter ripetere gli errori commessi da altri.
Francesca Sibani è l’editor di Africa e Medio Oriente di Internazionale.
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