Bruxelles è più o meno come l’avevo lasciata prima delle ferie: clima affetto da sindrome da personalità multipla e governo ancora inesistente. Con, in più, un meraviglioso paradosso settembrino: l’unico partito che ha sdegnosamente rifiutato di discutere una riforma dello stato belga sulla base della nota proposta dal formatore Elio Di Rupo (qui una rinfrescata) è in cima alle attenzioni dei giornalisti. E dire che da ieri i leader degli altri otto partiti stanno cercando seriamente di compiere il miracolo: accordarsi sulla versione definitiva della nota e, quindici mesi dopo le elezioni, passare alla formazione di un esecutivo.

Si chiama “effetto-Bart”: quando il leader dei nazionalisti fiamminghi (N-VA) apre bocca, tutti accorrono. E lui, consapevole del suo carisma pavloviano, ne approfitta per spararle grosse. Come quando, in un’intervista che andrà in onda stasera sull’emittente pubblica francofona Rtbf, afferma: “Può sembrare cinico e paradossale, ma è sempre così: se un partito vuole ottenere voti per il suo programma, deve sperare che alcuni elementi nella realtà indichino che quel programma è necessario. E a volte sono cose brutte. Per esempio, se i verdi vogliono vincere le elezioni, devono sperare che succeda qualcosa di terribile sul piano ambientale. Com’è successo dopo Fukushima, ne approfittano per dire: ‘Visto, il nostro programma è quello giusto’”. Apriti cielo.

Mentre Bart si diverte a scandalizzare, il tempo passa e la pressione sale sui partiti al tavolo delle negoziazioni. Tutti sanno che in caso di fallimento e, quindi, di nuove elezioni, la N-VA ne uscirebbe trionfante (ed è già il primo partito del paese). Verrebbe premiata per la sua “purezza”, a differenza dei cristiano-democratici fiamminghi (CD&V), che accettando di scendere in campo ora rischiano di deludere i loro elettori.

In soldoni, le discussioni ruotano intorno a tre richieste dei fiamminghi, che puntano a eliminare quello che considerano uno squilibrio istituzionale a favore dei francofoni: scindere l’unica circoscrizione elettorale bilingue del paese, Bruxelles-Hal-Vilvorde; rivedere i meccanismi di finanziamento delle regioni (le Fiandre vorrebbero sborsare meno per la Vallonia e la regione di Bruxelles-Capitale); trasferire nuove competenze dal livello federale a quello regionale. I francofoni sono pronti ad accettare, ma solo a certe condizioni. La crisi è tutta qua.

Ieri il quotidiano Le Soir titolava in prima pagina “Questa settimana o mai più”. Scopriremo a breve che strada ha preso il Belgio.

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