Anthony Joseph.

Nel numero di Internazionale ora in edicola, lo scrittore Teju Cole dedica uno splendido articolo al suo rapporto con James Baldwin. In uno dei primi paragrafi racconta:

Eccomi a Leukerbad, con Bessie Smith che canta dal lontano 1929; e sono nero come lui; e sono snello; e ho uno spazio tra gli incisivi; e non sono particolarmente alto (no, dillo: basso); e sono freddo sulla carta e passionale di natura, quando non è vero il contrario; e da adolescente sono stato un fervente predicatore (Baldwin: “Nulla di ciò che da allora mi è successo uguaglia il potere e la gloria che a volte provavo quando, nel mezzo di un sermone, sentivo che in qualche modo, per un qualche miracolo, stavo davvero portando, come dicono, ‘il Verbo’ – quando la chiesa e io eravamo tutt’uno”); e anch’io ho lasciato la chiesa; e considero New York casa anche quando non ci vivo; e mi sento ovunque, da New York alla Svizzera rurale, il custode di un corpo nero, e devo trovare una lingua per quello che tutto ciò significa per me e per chi mi guarda.

“Custode di un corpo nero”, Anthony Joseph è nato a Trinidad nel 1966 e vive a Londra dal 1989. È anche lui, come Teju Cole, una voce della diaspora, un poeta e musicista che tra le sue influenze principali cita “gli inni spirituali della chiesa battista frequentata dai miei nonni”. Ed è anche un predicatore, come sa chi l’ha visto dal vivo. Dei predicatori ha la voce possente e l’incrollabile fede nell’aldiqua, nella vita che spesso – [dice][1] – ci dimentichiamo di vivere appieno.

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Ad aprile è venuto a Bruxelles per presentare il suo quinto album, Time, prodotto dalla cantante e bassista Meshell Ndegeocello a una condizione: che Joseph tornasse alla poesia, a quel spoken word trascurato in anni di tournée con il suo gruppo The Spasm Band. Lei ha scritto la musica, lui le parole: storie di schiavi ed emigrati che sarebbero piaciute a Baldwin, di donne coraggiose come la giovane attivista pachistana Malala Yousafzai, inni alla felicità come “Shine” e “Joy”, testi trascinanti che, dal vivo, tra un brano e l’altro, Anthony Joseph spiega al pubblico con candore ed entusiasmo.

Sabato 20 settembre alle 17.30, in occasione della giornata internazionale della pace, sarà di nuovo a Bruxelles per un concerto gratuito a place du Béguinage, davanti alla chiesa di un altro predicatore sui generis, quel padre Daniel Alliet che da anni difende i diritti dei sans papiers. Se non siete mai entrati nella chiesa, sarà una bella occasione per farlo e scoprire la storia della protesta dei rifugiati afgani cominciata nel 2013 e non ancora finita.

Francesca Spinelli è giornalista e traduttrice. Vive a Bruxelles e collabora con Internazionale. Su Twitter: @ettaspin

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