Alessandra Sarchi, La notte ha la mia voce
Einaudi, 165 pagine, 16,50 euro
Negli Stati Uniti c’è un genere letterario che si potrebbe definire morbo-confessionale: una malattia raccontata nei dettagli e poi superata con grinta. Insomma, una storia edificante. Il romanzo di Alessandra Sarchi non può essere più lontano da quel modello. Invece di sfornare consolazioni facili, indaga su grandi temi come il desiderio, la libertà, il coraggio.
Un giorno una giovane donna in carrozzella incontra la Donnagatto, un’altra giovane non solo paralizzata ma con una gamba amputata, un suo alter ego molto vitale e seducente. È subito affascinata dalla voce della Donnagatto, “argentina anche nei bassi”, mentre la sente parlare di gambe e bellezza. L’energia e il coraggio dell’altra danno alla protagonista la libertà di contemplare desideri rimossi, nel suo caso quello senza speranza di recuperare un corpo bello e forte. Poi desiderio e libertà acquistano altri significati quando si apprende che la Donnagatto lavora in una chatline erotica.
Sarchi scrive della disabilità con cognizione di causa, ma la sua paralisi non è mai messa in primo piano, è raccontata in un secondo tempo con impeccabile linguaggio scientifico. La notte ha la mia voce ha una scrittura fresca, vigorosa, mai sovraccarica, una storia non comune, coraggiosa. Bello.
Questa rubrica è stata pubblicata il 7 aprile 2017 a pagina 96 di Internazionale. Compra questo numero| Abbonati
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