Una manifestazione in sostegno di Clément Méric a Tolosa, l’8 giugno. (Remy Gabalda, Afp)

Dato il clima d’isteria generale che si respira in Francia di questi tempi, non sorprende che l’uccisione del diciannovenne antifascista Clément Méric durante una rissa con un gruppo di estrema destra sia stata immediatamente e pesantemente politicizzata. Non solo dai compagni di Méric, che hanno organizzato manifestazioni in tutto il paese con lo slogan No pasarán, ma da tutti i principali mezzi di comunicazione, che hanno unanimemente attribuito la colpa dell‘“ondata di violenza” all’acceso dibattito attorno alla questione del “mariage pour tous” introdotto dal governo socialista tra le clamorose proteste di piazza dei conservatori.

“Se non ci fosse di mezzo un morto, l’inizio della vicenda sarebbe comico”, ha scritto la Frankfurter Allgemeine Zeitung: il 5 giugno Méric era andato con alcuni compagni di Action antifasciste a una svendita di abiti Fred Perry in Rue du Caumartin. Mentre rovistava tra le magliette aveva alzato lo sguardo e si era trovato di fronte una croce celtica (la marca inglese è ugualmente apprezzata dagli skin di sinistra e di destra). “Altrove si sarebbero ignorati o al massimo insultati”, scrive la Faz. “A Parigi è finita con la morte di un giovane. Il panico totale che ha fatto seguito alla notizia testimonia la drammaticità della situazione politica in Francia”.

In realtà le polemiche sul matrimonio omosessuale hanno contribuito ad aumentare la tensione, ma ne sono anche il risultato. Sono a Parigi da circa un mese e ho già sentito diversi espatriati parlare del nervosismo palpabile in una città di solito molto rilassata. I francesi che s’incazzano, all’incrocio, al bar, per le scale dei condomini, s’incazzano anche per la pioggia che non sembra voler più finire, “le printemps pourri” che è diventato argomento di conversazione universale e occupa le prime pagine dei giornali da settimane. Ma s’incazzano anche per un senso di frustrazione nazionale sempre più evidente.

Il prestigio della Francia è in crisi. Eletto con la promessa di tenere testa alla Germania e unire il fronte anti-austerità, François Hollande ha subito capito che non era aria e ha assunto un tono più conciliante con Angela Merkel. Ormai però l’immagine della coppia franco-tedesca, che ai tempi di Sarkozy consentiva ancora di mantenere la finzione di una Francia alla pari con i rivali tedeschi alla guida dell’Europa, era in frantumi. Berlino ha pubblicamente espresso la sua preoccupazione per la tenuta dell’economia francese, un sacrilegio che oltre Reno hanno preso molto male, ma c’è poco da fare: la recessione continua, la disoccupazione aumenta, il debito pubblico fa paura. La popolarità di Hollande è la più bassa della storia della repubblica.

Manca un anno alle elezioni europee e molti nel Partito socialista cominciano a dubitare dell’utilità dell’appeasement: l’ala sinistra chiede ormai apertamente di denunciare il trattato fiscale e andare allo scontro con i rigoristi del nord Europa. Ma neanche l’Ump arriverà all’appuntamento in gran forma: la guerra tra Jean-François Fillon e François Copé per la successione a Sarkozy non sarà risolta fino alle primarie del 2016 e l’ala moderata ed europeista dell’ex primo ministro avrà difficoltà a controllare quella tradizionalista dell’attuale capo del partito, che vorrebbe inseguire il Front national sul suo terreno. Gli ultimi sondaggi danno il partito di Marine Le Pen al 18 per cento, praticamente alla pari con i due partiti principali.

La crisi economica e sociale e l’impotenza della politica, che ha le mani legate dagli impegni europei e dall’inflessibilità tedesca, sta consumando a vista d’occhio la fiducia nei partiti tradizionali e nel sistema bipolare. A differenza che in Italia, però, in Francia le spinte antisistema non vengono assorbite da un partito innocuo e votato all’autodistruzione come il M5s: da una parte c’è il Front de Gauche di Jean-Luc Mélenchon, che al primo turno delle presidenziali aveva seriamente spaventato Hollande, dall’altra il Fn che si sente sempre più pronto per il potere. Entrambi puntano tutto sull’insofferenza per i politici moderati, “tous pourris”, tutti marci, come questo tempo insopportabile.

Se, come ha detto Sarkozy, dopo le europee l’Ump è destinata a spaccarsi, ci sono buone probabilità che la fazione di Copé finisca farsi trascinare verso Le Pen, che punta alle presidenziali ma non rinuncerà al legame con la destra estrema. In questo scenario l’interesse per il famoso elettore mediano della teoria democratica continua a scemare, il discorso politico si estremizza e parlare di soluzioni radicali - che non verranno chiamate alla prova dei fatti fino al lontano 2017 - è sempre più redditizio. Senza contare che lo scontro politico evoca dolci ricordi del tempo in cui la Francia era ancora la Grande Nation.

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