La serie di scandali nati dal Laziogate sta gravemente danneggiando il tentativo di Mario Monti di migliorare la reputazione dell’Italia, pesantemente compromessa dalla figura di Silvio Berlusconi.

Basta sfogliare la stampa estera, dove il bel paese appare come luogo di “parassitismi vergognosi”, di eccessi e ruberie di tutti i tipi. Perfino sulla sobria Frankfurter Allgemeine Zeitung un giornalista rispettato come Dirk Schümer non esita a descrivere Mario Draghi come “lo Schettino che farà affondare l’euro” e l’Italia come un paese “dove la politica non ha nulla a che fare con convinzioni e bene comune, ma con clientelismo e arricchimento”.

È una deriva rischiosa, perché nutre all’estero la convinzione che Monti possa infine soccombere e lasciare il potere in mano quella che il New York Times descrive come “una classe politica incompetente e incapace di affrontare i problemi del paese colpito da una grave crisi”. E per molti lettori è irritante che alle

immagini dei baccanali pseudo greci non si contrappongano foto di proteste di massa, di cittadini arrabbiati, di sit-in davanti ai palazzi dei consigli regionali.

Ma come? Nessuno reagisce a una serie così vergognosa di scandali? È una domanda legittima. Perché la società civile non reagisce? Dov’è finito il popolo del “facciamo qualcosa” del Palasharp di Milano? Dove sono finite le donne di “Se non ora, quando?” che hanno suonato la sveglia al paese? Perché tutto si riduce ai commenti cinici sui magna magna nei bar e a qualche battuta di Crozza? Perché i moderatori dei talk show non decidono di mettere a dieta per qualche mese i rappresentanti della partitocrazia vorace e cominciano invitare nei loro studi la parte più attiva e creativa della società civile? E perché i giornali italiani, che alla politica dedicano da sempre spazi anomali, non rinunciano all’ennesima pubblicità per Gasparri o Di Pietro, o all’inutile intervista alla Santanchè, e cedono lo spazio a persone che hanno realmente qualcosa da dire?

Sono i mezzi d’informazione che alimentano il circo politico, che esce da questi scandali con le ossa rotte. Nei cinque anni dalla pubblicazione del best seller La casta la partitocrazia ha resistito a oltranza a ogni pur ragionevole invito all’autoriforma. Non solo nel consiglio del Lazio lo scandaloso aumento dei fondi è stato votato anche da Pd e IdV. La partitopoli bipartisan in molte regioni ha trasformato i gruppi in uffici di collocamento per militanti e parenti.

Ci dicono: è ora che il paese torni in mano alla politica. Cioè a quei partiti che in sette mesi si sono mostrati incapaci di varare una legge elettorale. Prima, però, i cittadini devono imporre ai partiti finalmente quelle regole e quella trasparenza che gli impediranno in futuro di fare altri danni. Ma per farlo dovrebbero svegliarsi dal loro torpore.

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