Più si avvicinano le elezioni, più la desolante scena politica somiglia a un circo, dove si possono ammirare acrobazie tutt’altro che comuni. Per esempio il triplo salto con avvitamento di Giorgio Stracquadanio, ultrà berlusconiano favorevole all’uso della prostituzione per fare carriera politica. Oppure il doppio salto della quaglia di Isabella Bertolini, pasdaran del Cavaliere che ora paragona Berlusconi addirittura al capitan Schettino. C’è Gaetano Pecorella, che dopo essersi esercitato nell’estenuante maratona da Potere Operaio a Forza Italia, sta provando il salto indietro carpiato.

Per anni i fedelissimi hanno ostentato un servilismo imbarazzante verso il Cavaliere. “Se vogliono la testa del Cavaliere, devono passare sul mio corpo”, aveva minacciato Stracquadanio. Ma ora l’incantesimo si è rotto e hanno fondato l’ennesimo partito: Italia libera. Libera ovviamente dall’ormai detestato Silvio, la cui solitudine aumenta di giorno in giorno.

Naturalmente nella fibrillazione generale i nostri eroi non sono soli. C’è clima di smobilitazione. Nello stagno che si sta prosciugando i pesci schizzano in tutte le direzioni. Un fuggi fuggi generale in cerca di una riva sicura dove approdare. Nell’ansia di perdere poltrone, stipendi e privilegi frotte di voltagabbana si offrono al miglior offerente. Tutti a riscrivere i propri curriculum. Tutti da sempre estimatori di Mario Monti e fautori di misure severe per salvare la nazione dal disastro.

Il cambio della casacca è un antico male italiano. Sono più di 170 i parlamentari che hanno cambiato partito in questa legislatura: un record mondiale. Francesco Rutelli, nella sua lunga marcia dai radicali a Padre Pio, è già alla quinta sigla. Ora che i partiti stanno franando, il fenomeno accelera. Il primato spetta a Pietro Mastranzo che nel consiglio comunale di Napoli ha cambiato partito otto volte di seguito.

Perde pezzi l’Italia dei Valori del severo moralizzatore Antonio di Pietro e Massimo Donadi mostra in tv il logo del suo nuovo partito Diritti e libertà. Ovviamente anche Giulio Tremonti torna in pista con il suo nuovo movimento Lavoro e libertà. E giusto per confondere le idee già abbastanza confuse, l’ex superministro si era buttato nella telenovela delle primarie del Pdl, una specie di suicidio politico collettivo.

Mentre il partito scricchiola, c’è chi fugge e chi cerca di afferrare il timone della nave in tempesta. Angelino Alfano, che ha governato per anni con un premier plurindagato, non vuole correre se in lista rimangono i due inquisiti Gianpiero Samorì e Alessandro Proto. Quest’ultimo sintetizza in modo convincente la sua filosofia: “Mi candido alle primarie anche se non servono a nulla e so di non vincere”. Ma il candidato più brillante è senza dubbio il produttore tv Luciano Silighini Garagnani, che si accredita il notevole merito di aver scoperto Nicole Minetti.

Sono le ultime, penose convulsioni di un circo politico impazzito e totalmente autoreferenziale, dove gli acrobati sono così concentrati sui propri salti mortali da non accorgersi che il pubblico ha già lasciato il tendone e intorno c’è solo un gran vuoto.

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