Viva la libertà: il 24 febbraio avrete la scelta tra 234 liste. Potete fare la croce sul Movimento Bunga Bunga o La lista civica nazionale Io non voto, optare per Valentino presidente o per il Movimento poeti d’azione, per Libertà a tutto campo o per Recupero maltolto. E se la vostra salute non è di ferro, vi raccomando la lista No alla chiusura degli ospedali.
Purtroppo la cassazione ci ha privato della possibilità di scegliere la Lista Monti dell’omonimo Samuele Monti, consigliere comunale di Frabosa Soprana, minuscolo comune montano in Piemonte. Uno dei tanti megalomani che nel suo notevole programma propone obiettivi come “la permanenza assoluta nell’area Euro”.
Se ci fosse ancora bisogno della prova, le 234 liste sono la fotografia disarmante del caos politico che regna sulla penisola, del preoccupante stato confusionale in cui versa la politica italiana. È un carnevale in cui ognuno veste i panni che preferisce, per cambiare costume il giorno seguente: da Arlecchino a Batman, da Zorro a Pinocchio.
Con 65 ore televisive Silvio Berlusconi è il protagonista indiscusso della carnevalata. Il Cavaliere plurindagato cerca di togliere gli incandidabili dalle liste, coadiuvato dall’amico inquisito Denis Verdini. Una penosa farsa: Nicola Cosentino rifiuta e minaccia di far saltare il consiglio regionale. È un carnevale tragicomico.
Con Marco Pannella che sogna l’alleanza con Francesco Storace. Con Nichi Vendola che esclude categoricamente una coalizione con Monti per sostenere poco dopo il contrario, chiedendo al professore niente di meno di un’ autocritica.
Tutti lì a fissare paletti dalla mattina alla sera. Ingroia che sbatte la porta a Bersani. Casini che vedrebbe come “fantascienza” un governo con Vendola. Tutti lì a difendere i voti non ancora conquistati. Un carnevale nel quale Berlusconi da del matto e dell’incapace a Monti, al quale aveva offerto di guidare i moderati.
Un teatro con attori esclusivamente maschili: Bersani, Monti, Casini, Fini, Berlusconi, Grillo, Ingroia, Maroni. Con gli egocentrici che occupano le televisioni per insultarsi come Ingroia e Sallusti nel salotto tv di Lucia Annunziata.
Con Bersani che accusa Grillo di “qualunquismo fascistoide” e il comico che dà dell’esorcista a Monti e chiede l’abolizione dei sindacati. Con il professore in affanno costretto ad abbandonare la sua noblesse e presunta equidistanza per menare colpi e difendersi dai severi attacchi del Financial Times che lo critica per le sue “riforme modeste e annacquate”.
In questa triste campagna elettorale l’atmosfera febbrile sembra un obbligo: un dibattito pacato sui veri problemi del paese pare impossibile. Un clima torbido, nervoso e aggressivo dove la rissa è sempre dietro l’angolo, favorita da moderatori compiacenti. Un clima che diventerà ancora più velenoso quando martedì si conoscerà l’esercito degli esclusi dalle liste che non mancheranno di fomentare nuove polemiche. Claudio Scajola minaccia già la scissione regionale.
“Ce la faremo”, assicura Bersani impassibile. Tutti lì, concentrati su se stessi, mentre Berlusconi avanza implacabile. Luca Ricolfi, uno dei più qualificati commentatori politici, su La Stampa non si sente più di escludere l’inimmaginabile: una vittoria del Cavaliere. Come finirà lo sapremo la sera del 27 febbraio, tre giorni prima del giovedì grasso.
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