Mentre la stampa italiana dedica un’attenzione spropositata ai 163 grillini neoeletti, e alla possibilità che votino o no la fiducia a un governo tecnico, lo stato italiano ha approfittato della disattenzione generale per buttare in strada oltre 13mila rifugiati della  primavera araba. I giornalisti, così eccitati da seguire Grillo mascherato che fa jogging sulla spiaggia, non se ne sono accorti.

Non hanno visto gli autobus della prefettura che hanno prelevato gli ospiti dai centri di accoglienza della Puglia, per scaricarli alla stazione di Brindisi. Hanno ignorato le proteste degli immigrati a Napoli, dove 1154 rifugiati sono finiti in strada.

Quella dell’emergenza Nordafrica è una classica storia italiana, fatta di promesse, inefficienze, mancanza di controllo e organizzazione improvvisata. Una storia iniziata due anni fa, quando durante le rivoluzioni arabe e la guerra in Libia migliaia di profughi si sono riversati sui barconi per Lampedusa. Sono stati sistemati in campi di accoglienza, centri diocesani e alberghi.

Un’emergenza costata alle casse pubbliche oltre un miliardo di euro. Con programmi che dovevano garantire corsi di italiano e di avviamento professionale, con l’impiego di assistenti sociali, mediatori linguistici e avvocati per affiancare i profughi spaesati. Ma alla fine ha prevalso l’immobilismo ed è mancato il coordinamento. Una parte dei profughi se n’è andata, i restanti 13mila ora sono stati messi in strada. Con un biglietto e 500 euro di sostegno. Ma molti non sanno dove andare.

“Stanno tornando da noi e ci chiedono aiuto”, raccontano alla Caritas. È in allarme anche l’associazione dei comuni italiani Anci, che teme che il fiume di rifugiati possa riversarsi nei comuni, obbligandoli a trovare una sistemazione degna. Ma le casse di molti comuni sono vuote: “È stata spesa una somma ingente che poteva essere veicolata in tanti modi anche per preparare i profughi al momento dell’uscita”.

Quella dell’emergenza Nordafrica è una storia emblematica di un paese che non ha mai voluto darsi una legge seria sull’immigrazione, dando in pasto un problema importante al populismo e alla propaganda politica. Facendo credere che tappando la falla di Lampedusa si potesse fermare il fiume umano.

Invece è risaputo che due terzi degli immigrati illegali sbarcano negli aeroporti italiani con un visto turistico, rimanendo semplicemente nel paese. Ributtare 13mila profughi in strada è la prova lampante del fallimento di questa politica. La grave crisi economica con due famiglie su tre in difficoltà contribuisce a raffreddare il feeling degli italiani verso gli immigrati, molti dei quali hanno lasciato l’Italia.

Ne è la prova anche il fallimento elettorale dei candidati di origine straniera alle recenti elezioni regionali. Tutti esclusi, a partire dall’ex parlamentare Jean-Leonard Touadi, capolista del Pd nel Lazio. Bocciato Fidel Mbanga Bauna, volto del Tg3, capolista con Francesco Storace. Bocciati l’algerino Ferdes Abderrezak e la ruandese Françoise Kankindi, entrambi candidati dal Pd.

In Lombardia i duemila voti del leghista Tony Iwobi erano insufficienti. Nel Pd non ce l’hanno fatta né il pakistano Reas Syed, né la romena Emilia Stoica. E sono stati azzerati il camerunense Otto Bitjoka e il ruandese Jean Claude Mugabo della lista civica di Ambrosoli. Un segnale non certo incoraggiante.

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