Come ogni anno, con l’avvicinarsi di agosto gli ingorghi bloccano le autostrade e il parlamento. Il calendario delle riforme vacilla, fiumi di emendamenti bloccano leggi essenziali. Aumenta l’agitazione delle fronde trasversali decise a bloccare le misure sgradite. E il parlamento più costoso, lento e inefficiente d’Europa rischia di arenarsi.

In Italia l’approvazione di una legge ordinaria da parte delle camere richiede 294 giorni, in Spagna 163. Nella scorsa legislatura sono stati presentati 8.277 disegni di legge e ne sono stati approvati 767. Mentre il Regno Unito ha tremila leggi e la Germania 5.500, in Italia il numero complessivo è stimato in 150mila, gran parte delle quali incomprensibili ai cittadini.

Ora è la riforma del senato a scatenare i peggiori istinti. Il fatto che un partitino in agonia come Sel possa presentare 6.200 emendamenti per bloccare la riforma dimostra le perverse ed eterne anomalie del sistema italiano. Renzi è paragonato a Mussolini e Breznev ed è additato perfino dal berlusconiano Nitto Palma come protagonista di una svolta autoritaria.

Oggetto della contesa: i cento membri del nuovo senato devono essere eletti dai cittadini o dai consigli regionali? Materia da politicanti che lascia freddi i cittadini, tormentati da ben altre preoccupazioni. Con l’astensionismo in continuo aumento, si può immaginare quanti elettori andrebbero alle urne per scegliere i due o tre rappresentanti della propria regione in un senato svuotato di competenze.

A 15 mesi dalle politiche, quasi un quarto dei senatori ha già cambiato casacca, falsando sensibilmente il risultato elettorale. Un esercito di voltagabbana e franchi tiratori altera continuamente i numeri usciti dalle urne. Così il gattopardismo destabilizza un parlamento in continua fibrillazione e dai regolamenti bizantini.

Il risultato è evidente: legiferare in Italia è una corsa a ostacoli dall’esito sempre più incerto. Secondo un dato sconcertante rivelato recentemente da Renzi ci sarebbero quasi ottocento norme di attuazione da varare per leggi dei governi Monti, Letta e Renzi mai entrate in vigore. L’ingorgo alle camere mette a rischio importanti riforme e obbliga il governo all’ennesimo tour de force con sedute notturne e voti di fiducia che solleveranno altre proteste.

Intanto le solite lobby fanno tranquillamente il loro mestiere: il decreto sulla pubblica amministrazione che decade il 23 agosto è stato sommerso da 1.700 emendamenti. Fenomeni che si ripetono puntualmente a ogni riforma e che confermano una verità incontestabile: riformare l’Italia è un’impresa sovrumana e ingrata.

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