In Italia le istituzioni sono logore e poco stimate, ma esigono rispetto. In parlamento si può offendere e lanciare oggetti, ma con l’obbligo della cravatta. Perché, pur essendo inefficiente e costosissimo, è un’istituzione e i suoi membri possono sì essere condannati, ma rimangono onorevoli.

Mentre un cittadino olandese o tedesco non sa neanche immaginare cosa sia un conflitto istituzionale, nel belpaese questo aggettivo abusato dilaga nel linguaggio politico e giornalistico. Figurarsi per l’audizione del presidente della repubblica. “Un fatto istituzionale mai avvenuto prima”, come sottolinea debitamente il Corriere della Sera.

In ogni altro paese sarebbe stato usato un collegamento in videoconferenza. Ma in Italia, per sentire il presidente, una quarantina tra magistrati e avvocati sono dovuti andare nella capitale. Per capire quello che era ovvio: che Giorgio Napolitano non sapeva e non sa nulla sulla famosa trattativa tra stato e mafia (ammesso che ci sia veramente stata).

Siccome si tratta di un evento istituzionale, all’ingresso del presidente nella sala del Bronzino i corazzieri scattano sull’attenti e gli avvocati si alzano in piedi. Fuori dal Quirinale attendono decine di giornalisti arrabbiati per l’esclusione della stampa da questo avvenimento epocale.

Gli avvocati si godono il loro minuto di gloria davanti alle telecamere, contribuendo alla dovuta spettacolarizzazione dell’evento politico-mediatico. Il presidente della corte - personalità istituzionale anche lui - definisce “di grande utilità” una deposizione che non ha aggiunto nulla a ciò che già si sapeva.

Anche se i giornalisti erano assenti, il Corriere e altri grandi giornali sono riusciti a riempire fino a cinque pagine sull’evento istituzionale dell’anno. E tra poco sui giornali leggeremo i retroscena e i verbali della deposizione. Anche perché la storia della presunta trattativa tra stato e mafia stimola un’altra specialità della stampa italiana: la dietrologia. Che ora scaverà nelle parole di Napolitano per trovare qualche accenno poco chiaro.

L’attenzione della stampa italiana per il Quirinale è morbosamente esagerata. Quando l’anziano presidente si muove, viene seguito da frotte di quirinalisti che cercano di interpretare anche le virgole. E finisce sui telegiornali anche quando parla semplicemente del valore della costituzione.

Poco importa se il Quirinale spende più di Buckingham palace ed è un carrozzone che occupa un esercito di dipendenti in gran parte inutili. Carrozzone sì, ma istituzionale.

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