Dopo l’euforia per l’assoluzione nel caso Ruby e l’annuncio del suo “ritorno in campo”, Silvio Berlusconi deve fare i conti con la triste realtà del centrodestra. Con un partito in coma, precipitato al 12 per cento e lacerato da profonde divisioni che sarà difficile risolvere. Con il ribelle Raffaele Fitto, per il quale “i nodi da sciogliere rimangono gli stessi di prima”. Con Denis Verdini e il suo gruppo, che si rifiuta di seppellire il patto del Nazareno e in una lettera critica severamente la scelta di votare contro la riforma costituzionale: “Il gruppo non è né unito né persuaso dalla linea scelta e si rifiuta di ratificare scelte prese altrove”.

Berlusconi deve affrontare le dure critiche contro il cerchio magico di Maria Rosaria Rossi e Deborah Bergamini, arcinemiche di Daniela Santanchè. Si arrabbia Laura Ravetto: “Ci impediscono di parlare con Berlusconi e pensano che meno siamo e meglio stiamo”. Montano le critiche contro il velenoso capogruppo Renato Brunetta, che potrebbe essere sostituito.

Certamente non basterà l’appello di Berlusconi a “rimanere uniti ad ogni costo”, e nemmeno un altro predellino per rifondare per l’ennesima volta lo stesso partito ingessato. Il vespaio attuale non è che la conseguenza logica della gestione patriarcale di un partito che non ha mai avuto un congresso degno di questo nome. Un partito con un uomo solo al comando che cacciava i potenziali rivali come Gianfranco Fini.

Ora Berlusconi sogna il rinnovamento con una squadra di trentenni come la bionda Silvia Sardone, nuova eroina dei talk show, che esprime pubblicamente vergogna per un parlamentare come Antonio Razzi. Questo sogno non sortirà effetti se non sarà accompagnato dal siluramento di tutta la vecchia casta politica irremovibile da decenni, a partire da Maurizio Gasparri. O di personaggi imbarazzanti come Michaela Biancofiore, che splendono di luce riflessa.

Per cambiare veramente Berlusconi dovrebbe fissare un congresso di Forza Italia e far eleggere per la prima volta un segretario tra più candidati. Ma non lo farà. Nel frattempo spera già che la corte costituzionale tra qualche mese modifichi la legge Severino e lui possa tornare nel 2018 in quel parlamento di cui deteneva il record delle assenze con il 99 per cento. Allora avrà 82 anni. Ma i monarchi non vanno mai in pensione.

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