Proviamo a fare un giochetto. Proviamo ad ascoltare Be, il nuovo album dei Beady Eye, come se non fosse un disco della band di Liam Gallagher, quello degli Oasis. Quello che litiga sempre con suo fratello Noel. Prima lo faceva nel gruppo, mentre ora, dopo lo scioglimento dei campioni del britpop nel 2009, lo fa attraverso la stampa.
Insomma, quel Liam Gallagher. Lo stesso che [vorrebbe riformare la vecchia band][1] nel 2014, per l’anniversario del primo album Definitely maybe. E che in questa sua (nuova) avventura si è portato dietro quasi tutti gli ex compagni d’avventure. Soprattutto Andy Bell e Gem Archer, coautori delle canzoni insieme a lui.
Ecco, ci sono cascato anch’io. Mi devo arrendere. Parlare dei Beady Eye senza avere in mente neanche per un secondo gli Oasis è dura. E probabilmente è colpa nostra. O forse è colpa proprio della musica dei Beady Eye, che non riesce a distrarci dall’ingombrante passato.
Be è il secondo disco del gruppo, e arriva a due anni di distanza dal mezzo flop di Different gear, still speeding. Con questo lavoro, Liam e compagni hanno provato a cambiare un po’ le carte in tavola.
Insieme al produttore Dave Sitek, membro dei Tv On The Radio, hanno imboccato una strada più sperimentale. Meno rock anni sessanta, meno tributi a John Lennon. E più ballate midtempo, come nel caso di Soul love, che sembra uscita da un disco dei Death In Vegas, o di Soon come tomorrow, che con le sue chitarre ricorda i Verve di Urban hymns.
La voce di Mr. Gallagher è più scarna del solito. Ripulita dall’eco, è mixata in modo da arrivare dritta alle orecchie. Così come il suono di chitarre basso e batteria resta sempre compatto ma soffuso, etereo. Merito dell’ottima produzione di Sitek che, come nel singolo Second bite of the apple, dà ai Beady Eye un suono abbastanza inedito.
Don’t brother me è uno dei pezzi centrali del disco. E, guarda un po’, parla del fratello Noel. Dandogli qualche stilettata, come nel brillante verso “Did you shoot your gun?” (ironico riferimento a questa canzone), e qualche carezza. Dopo un inizio acustico, il brano si chiude con una longa coda psichedelica, arricchita da un sitar in primo piano.
Shine a light invece è un altro numero midtempo, con dosi eccessive di “shalalala” e un ritmo che ricorda i Primal Scream. Mentre la conclusiva Start anew è una ballata lennoniana che non incide granché.
Insomma, Be è un disco che suona molto bene. Ma si ferma qui, purtroppo. Sono le melodie, i ritornelli, a mancare. E non c’è un riff di chitarra che non sembri già sentito milioni di volte. A parte un paio di esempi, come la bella apertura di Flick of the finger e la già citata Soon come tomorrow, sono gli arrangiamenti a tenere in piedi i pezzi. E non viceversa.
Noel Gallagher, il fratello in fuga, non è il musicista più raffinato sulla faccia della terra. Spesso tende a scopiazzare e, come lo stesso Liam, è ossessionato dagli anni d’oro di Beatles e Stones. Però è uno che sa come si scrive una canzone. Anche con due o tre accordi.
È proprio questo che manca ai Beady Eye. Sono buoni musicisti, con un frontman famoso e che da solo basta a garantirsi le copertine delle riviste. Ma non hanno in mano le canzoni. E se gli stessi Oasis negli ultimi anni di carriera hanno faticato non poco a tenere alto lo standard qualitativo, figuriamoci la nuova band. Senza il fratello maggiore, la strada di Liam è tutta in salita.
Giovanni Ansaldo lavora a Internazionale. Si occupa di tecnologia, musica, social media. Su Twitter: @giovakarma
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