C’è un uomo in mezzo al mare che ha paura di morire. E c’è una donna che lo aspetta sulla terraferma. Guarda verso il largo, dove s’intravedono gli ultimi scoppi di burrasca, e ha paura di non rivederlo più. Questa è la storia raccontata da Die di Iosonouncane, un disco meraviglioso pubblicato dal cantautore sardo cinque anni fa. Un concept album a cavallo tra cantautorato, prog-rock ed elettronica che può essere un’ottima compagnia per il nostro periodo di distanziamento sociale: ci apre orizzonti sconfinati e ci dà un rifugio dalla tempesta che ci circonda in questi giorni. In attesa di Ira, il nuovo lavoro del musicista, che sarà presentato con sette concerti a settembre.
Ci ho ripensato proprio in questi giorni a Die, ai suoi testi ermetici e minimalisti ispirati a John Steinbeck, Cesare Pavese e al poeta sardo Manlio Massole, professore di lettere e minatore di Buggerru, il paese dov’è nato Iosonouncane. E ho ripensato anche a quando il cantautore è stato nella nostra redazione cinque anni fa per suonare due pezzi di Die in versione acustica (qui il video, se interessa). Riascoltandolo oggi, questo disco non ha perso neanche un po’ della sua forza, anzi.
Die
Iosonouncane
Trovarobato, 2015
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