Amaarae, Fancy
L’Africa avanza, e sta facendo breccia sempre più spesso nel pop occidentale. Gli esempi che si potrebbero fare sono tanti, dal successo del nigeriano Burna Boy al progetto Black is king di Beyoncé, una colonna sonora per un film della Disney che è diventata un pretesto per gettare un ponte tra l’rnb statunitense e la musica africana. Quest’estate abbiamo avuto perfino un tormentone sudafricano.

C’è un altro tassello da aggiungere a questo ragionamento, e ha un nome e un cognome: Ama Serwah Genfi, in arte Amaarae. È nata in Ghana nel 1994 e ha vissuto per anni negli Stati Uniti, tra il Bronx, Atlanta e il New Jersey. Si definisce sessualmente fluida, e da qualche anno è tornata stabilmente nel suo paese, facendo base nella capitale Accra. Io l’ho scoperta per caso, leggendo Pitchfork. E devo dire che il suo album d’esordio The angel you don’t know è una sorpresa continua. È un disco di una sensualità contagiosa, con una produzione intelligente e fantasiosa.

Il primo brano, D*A*N*G*E*R*O*U*S, si apre con una schitarrata punk che sembra uscita dal nulla, ma già dall’ottima Fancy veniamo immersi in atmosfere rnb e trap. Qua e là spuntano ritmiche dell’Africa occidentale (principalmente derivate dai due generi locali, l’alté e l’afrobeats), con arpeggi di chitarra alternati a drum machine 808.

A tenere le fila di tutto c’è la voce di Amaarae, dolce e multiforme. Ci sono almeno cinque o sei singoli irresistibili in questo disco, a partire dalla già citata Fancy. Ma anche Leave me alone e Sad girlz luv money non scherzano. In un momento in cui siamo tutti isolati dentro i nostri confini, musica come questa è ossigeno puro.

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Billie Eilish, Therefore I am
Il nuovo singolo di Billie Eilish sembra una risposta al body shaming che ha subìto negli ultimi mesi dopo la pubblicazione di alcune foto online. Il brano è una dichiarazione d’indipendenza e di alterità, nella quale la cantante statunitense cita addirittura il Cogito, ergo sum di Cartesio.

La produzione del pezzo è come al solito perfetta, con gli ormai classici giochi di distorsione vocale e un intreccio di bassi molto dinamico, pensato probabilmente insieme al fratello Finneas. Da un punto di vista compositivo il pezzo non è niente di eccezionale, ma va bene così.

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Run The Jewels, No save point
Non mi intendo di videogiochi, ma pare che Cyberpunk 2077 sia uno dei titoli più attesi dell’anno. Stando alle ultime notizie, potrebbe uscire non prima del 2021, ma sono già arrivate anticipazioni della sua colonna sonora. Tra gli artisti che hanno contribuito con la loro musica ci sono Grimes, il rapper A$AP Rocky e soprattutto i Run The Jewels, duo hip hop che ha firmato uno dei dischi migliori del 2020.

“Perfino in un futuro distopico il rap tosto è ancora vivo”, ha commentato El-P, uno dei due componenti del gruppo, riferendosi al mondo apocalittico che fa da sfondo alla trama del gioco. Anche il presente non scherza, purtroppo.

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Enny, Peng black girls (feat. Amia Brave)
Enny è cresciuta a Londra e fa rap. Il suo terzo singolo Peng black girls è un ottimo pezzo, che celebra le donne nere di tutto il mondo su un tappeto di chitarre funkeggianti. I suoi testi sono pungenti e ben scritti (qui per esempio la sua ironia colpisce le sorelle Kardashian). I punti di riferimento di Enny, cresciuta nel sudest di Londra, sono una garanzia: Lauryn Hill, Nas e J.Cole.

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The Zen Circus, Appesi alla luna
Ogni capitolo della carriera degli Zen Circus è stato intenso, utile al loro percorso. Merito dalla scrittura di Appino, ma anche del grande affiatamento di tutta la band, che si è caricata la gavetta sulle spalle e la sventola fiera, giustamente. L’ultima casa accogliente è uno dei loro dischi più vari dal punto di vista sonoro, e ha ottime canzoni, come questa.

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