A un certo punto, verso metà del concerto al parco Giorgio Bassani di Ferrara, Bruce Springsteen canta più volte “And hard times come and hard times go”, i tempi difficili vanno e vengono, mentre esegue il brano Wrecking ball. Lo ripete con enfasi crescente, mentre gli strumenti dietro di lui crescono. In questo momento i tempi difficili non sono molto lontani, sono a meno di un’ora di auto da qui. Ci sono persone sommerse dall’acqua e dal fango, che hanno perso la casa o addirittura la vita (le vittime accertate dell’alluvione in Emilia-Romagna al momento sono 14). Al parco Bassani invece siamo immersi in una bolla, dentro uno spettacolo che sta girando il mondo e che stasera è qui, nonostante tutto. Anche se molte persone non sono riuscite ad arrivarci perché, se la viabilità in città non ha avuto problemi, i collegamenti con il resto dell’Emilia-Romagna sono in molti casi interrotti.
Il concerto di Bruce Springsteen del 18 maggio, che nei mesi scorsi aveva sollevato polemiche dopo che diverse associazioni ambientaliste si erano opposte alla scelta del parco Bassani, alla fine si è tenuto, anche se per molti, compreso il presidente della regione, si poteva cancellare o rinviare. Invece la prefettura, dopo aver fatto un’ispezione al parco la mattina, ha dato il via libera e gli organizzatori e il sindaco hanno deciso che era il caso di andare avanti. In città alcune persone erano d’accordo con loro, altre no.
Alcuni pensavano che non fosse il caso di mandare avanti lo spettacolo mentre una parte della regione, in particolare la riviera romagnola, fa i conti con il disastro (per chi volesse, si possono fare donazioni alla Croce rossa). Sul tavolo, oltre alle questioni etiche, ce n’erano evidentemente altre più pratiche. Visto che la prefettura aveva dato il via libera, annullare il concerto avrebbe probabilmente avuto un costo economico molto alto (anche se il promoter di Springsteen, Claudio Trotta, ha dichiarato che aveva stipulato un’assicurazione in grado di coprire i costi per un rinvio entro il 2024). Spostare la data nei prossimi mesi non era possibile, perché quello di Springsteen è un tour mondiale con un calendario molto fitto e, per ovvie ragioni, poco flessibile. E dal punto di vista organizzativo, va detto, ha funzionato tutto bene, al netto del fango, anche se forse la comunicazione prima dell’evento, vista la situazione, poteva essere gestita con più delicatezza. Bruce Springsteen, un po’ a sorpresa, non ha detto una parola sull’alluvione. Forse non era abbastanza informato sulla situazione, o forse ha preferito la sobrietà.
Scherzo del destino
E così il musicista del New Jersey ha portato di nuovo sul palco la fidata E Street Band a sette anni di distanza dall’ultima volta, di fronte a circa 49mila persone. E, per un brutto scherzo del destino, ha portato a Ferrara uno spettacolo che ruota attorno al tema della mortalità. Per carità, il concerto del Boss, come lo chiamano i suoi fan, è sempre una festa, una raccolta di successi tratti dal suo ampio catalogo dove non mancano Born in the U.S.A. e Born to run, dove si balla, dove le generazioni s’incrociano e vedi genitori esaltati che danno pacche sulle spalle ai loro bambini, come a dirgli: “Visto? Ti avevo detto che dovevi venire a vederlo!”.
Il Boss rispetto a qualche anno fa si muove di meno ma sfodera una forma vocale addirittura superiore a quella del tour del 2016
Ma il tour del 2023 è un concerto rock pensato come un’opera teatrale, sulla scia dello spettacolo Springsteen on Broadway e dell’autobiografia del 2016, con una scaletta abbastanza bloccata e momenti in cui le canzoni e i discorsi di Springsteen sono sottotitolati. Il cantante è invecchiato (ha 73 anni) e riflette sulla sua mortalità, ricorda gli amici scomparsi e ammanta le canzoni con un alone di nostalgia più forte del solito. E così nell’acustica Last man standing, estratta dal recente album Letter to you, confessa di essere l’ultimo musicista rimasto della sua prima band, i Castiles, formata negli anni sessanta insieme a George Theiss. E così Backstreets, storia di un’amicizia maschile giovanile che confina con la storia d’amore, diventa un brano sulla lontananza degli anni migliori; l’oscurità di The rising si fa ancora più cupa, seppure catartica, e la già citata Wrecking ball suona dolceamara come non mai.
Certo, come detto, i momenti gioiosi ci sono: quando Springsteen gioca al soul man bianco in Kitty’s back – un pezzo ripescato dai suoi esordi nel quale lascia grande spazio agli assoli dei suoi musicisti e i fiati fanno tanto New Orleans – e nella cover dei Commodores Nightshift si concede qualche momento da consumato intrattenitore. La E Street Band si conferma di una solidità incredibile, con un Max Weinberg in forma smagliante alla batteria e uno Steve Van Zandt sempre più piratesco, quasi un Keith Richards in salsa italoamericana. A loro si aggiunge un coro di voci nere che sottolinea le radici gospel della musica di Springsteen, mai abbastanza celebrate. Il Boss, invece, rispetto a qualche anno fa si muove di meno, non sale in piedi sul pianoforte, ma sfodera una forma vocale addirittura superiore a quella del tour del 2016.
Insomma, lo spettacolo che il cantautore del New Jersey porta in giro è ancora una volta di un livello assoluto. Davvero non c’è niente in giro come la E Street Band, in grado di rendere la tradizione della musica statunitense così fruibile per un grande pubblico. Nessuno come loro riesce a suonare di fronte a cinquantamila persone come se fosse dentro un club di Asbury park negli anni settanta. È un discorso che non vale per tutto il concerto, chiaramente, ma a tratti si ha veramente questa impressione.
Springsteen chiude la serata con una versione per chitarra, voce e armonica di I’ll see you in my dreams, una canzone dedicata al discografico australiano Michael Gudinski, morto nel 2021. Canta: “I’ll see you in my dreams / yeah around the river bend / For death is not the end” (Ti vedrò nei miei sogni, sì dietro l’ansa del fiume, perché la morte non è la fine). E viene ancora da pensare a quello che succede a poca distanza da qui, al fango e ai fiumi esondati, alle case distrutte. Viene da pensare a una mortalità che non è astratta, non è quella delle canzoni che abbiamo ascoltato. Abbiamo sbagliato a venire qui? Cos’è stato questo concerto? Quanto tempo deve passare prima che si possa fare uno spettacolo dopo una tragedia del genere? Dubbi che forse, in questo momento, non ha senso sciogliere.
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