E va bene, ormai ci siamo abituati all’idea che Romano Prodi non è, né mai sarà, come Zapatero. Nessun ritiro immediato dall’Iraq, scordiamoci le unioni civili in tempi brevi, pazienza per una rapida riforma del mercato del lavoro, della scuola, del fisco, della legge sulla fecondazione assistita. La realpolitik della diplomazia, dei rapporti di forza in parlamento, degli equilibri istituzionali impedisce a Prodi di muoversi come (forse) vorrebbe. In fondo ci accontentiamo di qualcosa che solo fino a sei mesi fa sembrava inimmaginabile: il governo del paese nelle mani di persone presentabili. Però pensate che bello se il nuovo presidente del consiglio avesse stupito tutti, e con un gesto forte e coraggioso avesse messo a tacere gli interessi dei partiti, grandi e piccoli. E si fosse presentato con un governo di appena sedici ministeri, la metà dei quali affidati a donne. Non sarebbe stato incredibile?

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