Scriviamo a Franco Pagetti, fotografo italiano che lavora a Baghdad con il settimanale americano Time, per chiedergli se ha delle foto di fixer iracheni. “Ho chiesto, ma gli interpreti e i fixer non vogliono essere fotografati per timore di ritorsioni sulla famiglia, soprattutto da parte della tribù”. Come in tutte le opere collettive, anche nei giornali la pagina stampata è solo il risultato finale di un lungo lavoro di squadra, sincronizzato a distanza, ripetuto e rodato ma mai al riparo da imprevisti, dove c’è anche chi rischia la vita. Le fatiche del cronista non fanno notizia, dice una buona regola del giornalismo anglosassone. Questa settimana abbiamo fatto un’eccezione per raccontare la storia di Ayub Nuri, fixer iracheno a Baghdad. Per andare a studiare giornalismo negli Stati Uniti ha dovuto lasciare il suo paese. Ed è solo per questo che siamo riusciti a pubblicare la sua fotografia in copertina.

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