Un giorno qualunque come sabato scorso, 15 gennaio 2011, uno dei più importanti quotidiani italiani conteneva nelle prime 27 pagine, quelle che comprendono la politica, gli esteri, la cronaca e la società, otto notizie in tutto. Una di politica (Ruby), una di economia (Fiat), una di esteri (la Tunisia), tre di cronaca (beatificazione di Wojtyla, malasanità a Palermo, immigrazione a Milano), due di società (guerra ai fannulloni, sacchetti di plastica). Punto. Otto notizie: il giorno prima, in Italia e nel mondo non era successo nient’altro di così importante da meritare di essere raccontato ai lettori. È solo un esempio, perché lo stesso discorso vale per tanti mezzi d’informazione, anche all’estero. La riduzione del numero di notizie, e con loro la riduzione del numero di foto, di immagini, di voci, è un processo legato alla spettacolarizzazione dell’attualità quotidiana ma anche ai tagli nei giornali, nelle agenzie, nelle televisioni.
I giornalisti rimasti inseguono tutti le stesse notizie, parlano solo delle stesse persone, raccontano sempre gli stessi paesi. Non che non siano importanti, ma sono diventati gli unici. Il resto del mondo è scomparso dal radar.
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