A Roma era quasi buio alle 19.55 del 12 maggio 1977. L’ora legale entrava in vigore a fine mese. In piazza Giuseppe Gioacchino Belli, a Trastevere, un proiettile colpì all’addome una ragazza che si chiamava Giorgiana Masi. Non aveva ancora compiuto 19 anni. Abitava con i genitori e la sorella maggiore in un appartamento di via Trionfale. Il padre era parrucchiere, la madre casalinga. Frequentava il quinto anno del liceo scientifico Pasteur. Ogni tanto distribuiva il giornale Lotta continua e partecipava ai collettivi di scuola.

Quel giorno era andata con il fidanzato a una manifestazione del Partito radicale per ricordare il terzo anniversario della vittoria nel referendum sul divorzio. Il governo aveva vietato la manifestazione, ma in piazza c’erano migliaia di ragazzi, simpatizzanti del cosiddetto movimento e militanti delle formazioni della sinistra extraparlamentare. C’erano anche cinquemila agenti delle forze dell’ordine in assetto antisommossa. In molte foto si vedono dei poliziotti in borghese con in mano una pistola.

Sergio Zavoli ha calcolato che in Italia durante gli anni di piombo morirono 428 persone. Sono pochissimi i casi in cui non è stato individuato un responsabile. L’inchiesta sulla morte di Giorgiana Masi fu chiusa il 9 maggio 1981. Il giudice istruttore scrisse: “Impossibilità a procedere poiché rimasti ignoti i responsabili del reato”.

Internazionale, numero 949, 18 maggio 2012

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