Chi è un giornalista? La domanda sembrerà banale, ma negli Stati Uniti dalla risposta può dipendere se uno finisce in prigione oppure no. Per esempio: Gleen Greenwald è un giornalista, e quindi dopo il suo scoop sulle intercettazioni della National security agency è tutelato dal primo emendamento della costituzione americana? Oppure è un blogger, come ha scritto il New York Times, e per lui le garanzie costituzionali non valgono?
Margaret Sullivan, public editor del New York Times, si è posta il problema e ha dato questa definizione: “Un vero giornalista è una persona che non si lascia intimidire dalla relazione conflittuale che c’è tra governo e mezzi d’informazione. Tutti quelli che rientrano in questa definizione hanno diritto a essere rispettati e protetti”. A chi ha accusato Greenwald di non essere un giornalista perché è politicamente schierato, David Carr, media editor del New York Times, ha risposto: “L’idea che i giornalisti siano politicamente e ideologicamente degli eunuchi è una sciocchezza”.
Jeff Jarvis, critico dei mezzi di informazione, ha proposto una definizione più radicale: “Non ci sono giornalisti, c’è solo il giornalismo. Il giornalismo non è un contenuto. Non è un nome. Non deve essere una professione o un’industria. Non è una corporazione. Il giornalismo non si fa più solo nelle redazioni, non è più limitato alla forma narrativa. È un servizio. È un servizio il cui fine è informare i cittadini. Il giornalismo aiuta le comunità a strutturare la loro conoscenza in modo che possano organizzarsi meglio”. Sono i cittadini, quindi, che scelgono il giornalismo che meglio soddisfa i loro bisogni. Decidendo così chi può definirsi giornalista.
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