Questa settimana esce in edicola il primo di una serie di numeri speciali di Internazionale, che saranno tutti molto diversi tra loro. Abbiamo cominciato con la rivoluzione russa. E per raccontare quello che lo storico marxista Eric Hobsbawm ha definito un fenomeno naturale, incontrollabile come un terremoto o un’inondazione, siamo andati alla fonte, anzi alle fonti: i giornali dell’epoca, quotidiani e riviste usciti in Russia e in Europa durante il 1917 e poi negli anni successivi.
“Nel resto del mondo abbiamo potuto conoscere la rivoluzione solo di seconda mano”, scriveva Hobsbawm nel 1996: “Nel mondo coloniale come forza di liberazione; in tutta Europa, prima e durante la seconda guerra mondiale, a parte gli anni compresi tra il 1933 e il 1945, come nemico mortale per gli Stati Uniti e di fatto per tutti i regimi capitalisti e conservatori della maggior parte di questo secolo; come un sistema profondamente (e comprensibilmente) inviso ai liberali e ai democratici parlamentari, al tempo stesso riconosciuto dalle sinistre nel mondo industrializzato a partire dagli anni trenta come un fenomeno che spingeva i ricchi, per paura, ad accordare spazio anche alle richieste dei poveri. Il terribile paradosso dell’era sovietica è che lo Stalin di cui fecero esperienza le popolazioni sovietiche e lo Stalin visto come una forza di liberazione fuori dall’Urss erano lo stesso uomo. E per i secondi egli fu un liberatore in parte perché fu un tiranno per i primi”.
Non è mai possibile scrivere la storia definitiva di qualcosa, questo però non vuol dire che non sia possibile fare storia seriamente, per esempio concordando sull’oggetto delle ricerche, e tentando così di dare vita a una discussione significativa. Ma una cosa è certa, aggiungeva Hobsbawm: “La rivoluzione russa continuerà a dividere gli animi”.
Questa rubrica è stata pubblicata il 27 ottobre 2017 a pagina 9 di Internazionale. Compra questo numero | Abbonati
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