La notizia dell’agenzia Reuters è secca: negli Stati Uniti Fiat Chrysler si è dichiarata colpevole di aver dato delle bustarelle ai dirigenti sindacali dell’United auto workers (3,5 milioni di dollari tra il 2009 e il 2016) e pagherà una multa di 30 milioni di dollari.

Da un certo punto di vista la responsabilità dei sindacalisti coinvolti è perfino maggiore di quella dell’azienda automobilistica: non solo hanno danneggiato i lavoratori accordandosi sottobanco con la controparte, ma con il loro comportamento hanno anche indebolito la battaglia della gran parte degli altri sindacalisti, che sono onesti.

Paradossalmente la vicenda dimostra l’importanza delle organizzazioni sindacali: se fossero ininfluenti, i manager della Fiat Chrysler non avrebbero cercato di corromperne i vertici.

Appena eletto, Joe Biden ha detto: “Sarò il presidente degli Stati Uniti più filosindacale che abbiate mai visto”. E il 28 febbraio con un video su Twitter ha invitato i lavoratori a organizzarsi. Non ha citato Amazon, ma si riferiva al referendum in corso nei magazzini dell’azienda in Alabama, dove i 5.800 dipendenti devono decidere se eleggere i loro rappresentanti. Sarebbe la prima volta in un magazzino di Amazon negli Stati Uniti. Il management dell’azienda si è opposto e ha cercato di ostacolare il voto.

Per questo le parole di Biden sono importanti. “Voglio essere molto chiaro. Non dipende da me decidere se un lavoratore debba aderire a un sindacato. Ma non dipende neppure dal datore di lavoro. Non devono esserci intimidazioni, coercizioni, minacce, propaganda antisindacale”.

E ancora: “I sindacati mettono il potere nelle mani dei lavoratori. Rafforzano la vostra voce su questioni come la salute, la sicurezza, salari più alti. Proteggono dalle discriminazioni razziali e dalle molestie sessuali. Migliorano le condizioni dei lavoratori, sindacalizzati e non, e soprattutto di quelli neri”.

L’intervento di Biden, ha scritto l’economista Paul Krugman, potrebbe essere un punto di svolta nella vita economica e politica americana.

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Questo articolo è uscito sul numero 1399 di Internazionale. Compra questo numero | Abbonati

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