“Non c’è bisogno che tutti gli articoli siano di 1.800 parole. Abbiamo già molti articoli lunghi. A volte quello che manca è un po’ di disciplina. Per esempio un concetto viene ripetuto troppe volte o ci sono tre virgolettati per dire la stessa cosa”.
Il 19 ottobre Jill Abramson, la nuova direttrice del New York Times, ha risposto così a un giornalista che le chiedeva cosa vorrebbe cambiare nel suo giornale. Prima di lei Michael Kinsley, il fondatore di Slate, aveva preso spunto dagli articoli del New York Times per denunciare, sull’Atlantic, la verbosità del giornalismo tradizionale (1.800 parole corrispondono a tre pagine di Internazionale).
Secondo Kinsley la lunghezza è “uno dei motivi per cui le persone abbandonano i giornali per internet: l’informazione online va dritta al punto”. E Abramson, che ha passato l’ultimo anno nella redazione online del New York Times, vuole conquistare lettori online. Internet offre molte occasioni per esercitarsi ad andare “dritti al punto”.
Il 14 ottobre il direttore del New York Times Magazine, Hugo Lindgren, ha chiesto ai suoi giornalisti di riassumere i loro articoli in un tweet. Matt Bai aveva scritto 7.300 parole sulla strategia dei repubblicani in vista delle elezioni: “Partito repubblicano. Tea party. #Matrimonio riparatore”.
Internazionale, numero 921, 28 ottobre 2011
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