Se durante la revisione di un testo un redattore si accorge che nell’originale c’è un errore, come deve comportarsi? È sempre giusto intervenire? Quand’è che una correzione diventa una violazione della volontà dell’autore? E come si fa a stabilire se un errore è davvero un errore?
Nel suo articolo su Dante Alighieri (Internazionale del 3 agosto), Elif Batuman descrive così il pubblico fiorentino mentre ascolta Arnoldo Foà che legge
l’Inferno: “Mormorii di approvazione percorrono la folla: ‘Foà, Foà’, e anche qualche ‘foie gras’ (deduco sia un soprannome dell’attore novantacinquenne)”. Pierangela Diadori, una lettrice che insegna teoria e tecnica della traduzione all’Università per stranieri di Siena, osserva: “Il grande attore Foà chiamato scherzosamente ‘foie gras’? Ma scherziamo?”.
Ha ragione. Ma un soprannome mormorato da uno sconosciuto non è un dato oggettivo e verificabile come una statistica. E se una scrittrice decide di citarlo c’è un motivo. “Un amico della mia amica Marilena mi disse che era il soprannome di Foà. In seguito né io né i fact checker abbiamo trovato riscontri, così l’abbiamo lasciato sul vago”, spiega Batuman. Che confessa di avere un debole per le storpiature: “Adoro quando le persone per sbaglio mi chiamano Batman”.
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