All’inizio degli anni sessanta nel sud degli Stati Uniti “le strutture private aperte al pubblico potevano escludere alcune categorie di persone sulla base della razza”, si legge sullo scorso numero di Internazionale (pagina 50). Sulla base di che? Le razze non esistono! Ma questo purtroppo non ha impedito il diffondersi di pregiudizi razziali.
Nel 1950, dopo che il mondo si era confrontato con gli orrori della guerra e dell’Olocausto, l’Unesco pubblicò un testo intitolato “La questione della razza”, in cui precisava che il concetto di razza non ha alcun fondamento scientifico e che apparteniamo tutti a una sola specie: l’Homo sapiens, l’umanità. E suggerì di sostituire la parola “razza” con l’espressione “gruppo etnico”, cioè un gruppo accomunato da caratteri culturali, non biologici.
A maggio del 2013 il parlamento francese ha approvato un provvedimento per eliminare la parola “razza” dalle leggi del paese. Durante la campagna elettorale per le presidenziali del 2012 François Hollande si era impegnato a eliminarla dalla costituzione, ma non ci è ancora riuscito. Nei paesi anglosassoni invece parlare di razza è normale. A cominciare dagli Stati Uniti, dove i cittadini devono scegliere una razza con cui s’identificano quando compilano i moduli del censimento.
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it