“Ma perché scrivete romeno anziché rumeno? Poi la gente pensa che rom sia un’abbreviazione di romeno”, ci scrive Leonardo Tamborini. Le due varianti esistono anche nella lingua della Romania: român e rumân.
Entrambe derivano dal latino Romanus, romano. La forma con la o mette l’accento sul legame della Romania con Roma: il fatto di essere un’isola di latinità in un mondo di slavi è un elemento fondante dell’identità del paese. La forma con la u, invece, dal cinquecento fu usata dai dominatori slavi e ungheresi per indicare i servi della gleba e le persone più umili e senza diritti.
Secondo il dizionario della lingua romena Dex, ancora oggi la “forma arcaica e popolare” rumân indica “i contadini dipendenti dai signori feudali”. Una ragione in più a sostegno della forma con la o, che dopo la formazione dello stato della Romania è stata infatti incoraggiata ed è quella oggi in uso: è più vicina al latino e rivendica l’emancipazione da un dominio straniero.
Ecco perché preferiamo romeno a rumeno, anche se per i vocabolari italiani sono equivalenti. In tutta questa storia, come avrete capito, i rom non c’entrano niente. Sono popolazioni tradizionalmente nomadi molto diffuse nell’Europa dell’est e quindi anche in Romania.
Questo articolo è stato pubblicato il 5 dicembre 2014 a pagina 14 di Internazionale, con il titolo “Cittadini e schiavi”. Compra questo numero | Abbonati
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it