Questa foto pubblicata a pagina 6 dello scorso numero è stata scattata a Oświęcim, in Polonia.

Durante una visita al memoriale dell’ex campo di concentramento di Ausch­witz-Birkenau, in Polonia. (Joel Saget, Afp)

Il nome di questa cittadina industriale a una trentina di chilometri da Cracovia non è molto noto, ma è qui che il regime nazista fondò il suo più grande e famoso campo di sterminio. Il polacco Oświęcim in tedesco diventa Auschwitz, e la pronuncia dei due nomi nelle rispettive lingue è molto simile.

Il 26 gennaio, alla vigilia dell’anniversario della liberazione del campo nazista, l’ambasciata polacca in Italia ha lanciato un appello alle agenzie di stampa e ai mezzi d’informazione italiani invitandoli a usare “la denominazione corretta del campo”, basata sulla formula ufficiale approvata nel 2007 dall’Unesco: “Auschwitz Birkenau. Campo nazista tedesco di concentramento e sterminio”.

Nell’appello si raccomanda di non usare espressioni come “lager polacco” o “campo polacco”. “Lo stato polacco non esisteva negli anni del funzionamento dei campi di sterminio”, che si trovavano su territori occupati dai nazisti tedeschi. E queste espressioni sono “un grave e pericoloso errore che deforma la verità storica” e insinua il dubbio sulle responsabilità dello sterminio, “offendendo la memoria dei milioni di cittadini polacchi, ebrei e non, vittime del nazismo”.

Una versione di questo articolo è stato pubblicato il 6 febbraio 2015 a pagina 12 di Internazionale, con il titolo “La memoria dei nomi”. Compra questo numero | Abbonati

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