**Mike Marqusee, **Wicked messenger
Il Saggiatore, 363 pagine, 20 euro
Neanche quattro anni dopo aver registrato il suo primo disco, Bob Dylan cominciò a ricevere critiche per essersi trasformato da menestrello puro in rockstar disincantata. Negli ormai cinque decenni della sua carriera questo schema si è ripetuto regolarmente, con il pubblico convinto ogni volta che l’artista non è più quello di un tempo e Dylan impegnatissimo a disorientare i suoi fan.
Il tira e molla ha influenzato anche i critici, portandoli a dividere la sua opera in periodi rigidamente separati e a cercare un’età dell’oro assai difficile da datare.
In questo libro Mike Marqusee sceglie una strada diversa, torna a quella primissima svolta della metà degli anni sessanta e cerca i fili che uniscono le varie incarnazioni di Dylan. Li trova nella capacità di registrare, elaborandole, le spinte diverse provenienti dall’evoluzione della società, della cultura e della politica statunitensi e nella permanente volontà di adattare progressivamente i toni e i modi della sua critica.
Trattando di musica classica del novecento, Alex Ross ha scritto che “anche se la storia non potrà mai spiegarci esattamente il senso della musica, la musica può dirci qualcosa sulla storia”.
Lo studio della musica di Bob Dylan condotto in queste pagine (accessibili anche a chi non la conosce bene) fa capire quanto la storia possa essere complicata e quanto difficile la ricerca dell’autenticità.
Internazionale, numero 882, 28 gennaio 2011
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