Sergio Bologna e Dario Banfi, Vita da freelance
Feltrinelli, 283 pagine, 17 euro
Negli ultimi due secoli, ma in fondo anche prima, all’emergere di ogni gruppo di lavoratori di tipo nuovo è seguita una fase in cui questo gruppo ha cercato di rivendicare e difendere i suoi diritti. Così, per esempio, è avvenuto con gli operai tra otto e novecento. Negli ultimi trent’anni le trasformazioni dell’economia che hanno accompagnato la fine del modello fordista hanno generato figure nuove, i lavoratori autonomi che operano nel campo della conoscenza, quelli che abitualmente chiamiamo freelance, ma è difficile cogliere un vero movimento diretto alla loro organizzazione e tutela.
Sergio Bologna, che una quindicina di anni fa aveva battezzato queste figure “lavoratori autonomi di seconda generazione”, e Dario Banfi, esperto di “liberi professionisti digitali”, si chiedono cosa abbia potuto produrre questo scarto tra il crescente peso dei freelance nella nostra società e la loro assenza di coesione, e provano a colmare il vuoto. Basandosi su classici della sociologia, statistiche e blog, mettono in luce l’impatto negativo che sull’organizzazione dei nuovi lavoratori hanno avuto l’ideologia del “professionalismo”, la più generale crisi delle tutele sindacali, il silenzio della stampa, e segnalano l’importanza di superare l’idea di precariato, di saper ragionare sui compensi, di conoscere le esperienze di nuova rappresentanza in giro per il mondo.
Internazionale, numero 913, 2 settembre 2011
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