David Graeber, Frammenti di antropologia anarchica

Elèuthera, 103 pagine, 9 euro

Prima di scrivere la sua grande storia dell’idea di debito (Debt. The first 5,000 years) e diventare un riferimento importante per il movimento Occupy Wall street, David Graeber ha pubblicato queste riflessioni metodologiche. Riallacciandosi a una tradizione illustre (Marcel Mauss, Pierre Clastres) Graeber sostiene che, nonostante le sue origini legate alla colonizzazione, l’antropologia culturale costituisce oggi un sapere importante per riflettere sullo stato e sul mercato nel momento della loro crisi. Gli antropologi in fondo sono gli unici che studiano società contemporanee non statali e non mercantili.

Proponendo un’antropologia depurata da ogni prospettiva evoluzionistica (secondo la quale le diverse società possono essere collocate lungo i gradi di una scala che rappresenta uno sviluppo unico e inesorabile che conduce al modello occidentale), l’autore afferma che in ogni aggregato umano convivono tendenze contrastanti alla conservazione e alla trasformazione, che talvolta la trasformazione si muove su un piano simbolico e immaginario che non è necessariamente meno efficace del piano reale, e che dunque comprendere attraverso lo studio sistemi di convivenza diversi dal nostro può essere il passaggio fondamentale per uscire – non per forza con una rivoluzione – dal brutto pasticcio in cui ci siamo andati a cacciare.

Internazionale, numero 925, 25 novembre 2011

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