Simon Garfield, Sei proprio il mio Typo
Ponte alle Grazie, 362 pagine, 22 euro
Ogni giorno, molte volte al giorno, entriamo in contatto con un certo tipo di prodotti artigianali che, senza che ce ne accorgiamo, influenzano profondamente le nostre riflessioni e i nostri giudizi, non solo estetici: si tratta delle font, i caratteri tipografici con cui leggiamo libri, manifesti, segnali e siti web.
Anche se da quando scriviamo al computer sappiamo tutti ormai distinguere tra un Helvetica e un Garamond, dei caratteri sappiamo ancora molto poco. Con la verve tipica dei libri di divulgazione britannici, questo saggio introduce all’arte di riconoscere e giudicare le scelte tipografiche e fornisce un buon numero di aneddoti per ravvivare una cena.
Più debole quando tratta la storia della tipografia, si fa brillante quando affronta le evoluzioni recenti e il ruolo dei caratteri nella cultura popolare. In particolare, l’autore Simon Garfield riesce a far capire come ogni font tenda ad acquisire una vita propria, al di là delle intenzioni dei suoi disegnatori.
Così il Cooper Black che, nato negli anni venti e rinato negli anni sessanta, oggi è utile per risvegliare la nostalgia dei consumatori baby boomer; o il Calibri che, pur essendo il frutto di una raffinata ricerca di equilibrio, ormai puzza terribilmente di Powerpoint. Si capisce così perché non solo i fallimenti, ma anche i successi, rendano necessaria la continua invenzione di nuove forme.
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