Salvatore Settis, Azione popolare. Cittadini per il bene comune

Einaudi, 100 pagine, 18 euro

Nel suo lungo monologo, trasmesso in tv con grande successo prima di Natale, c’è stato un momento in cui il tono di Roberto Benigni si è fatto improvvisamente più composto e inatteso: è stato quando, in un breve a parte, il comico toscano ha riflettuto sul fatto che se la carta costituzionale di cui stava parlando fosse stata applicata per davvero oggi vivremmo nel migliore dei pae­si possibili. La Costituzione italiana è il testo fondamentale a cui tende il discorso pubblico che da alcuni anni va portando avanti Salvatore Settis. La sua mancata applicazione è la ragione da cui questo discorso prende le mosse.

Se nei libri precedenti (Italia S.p.A. e Paesaggio Costituzione cemento) questo archeologo impegnato rifletteva entro l’orizzonte ricchissimo ma circoscritto della difesa del patrimonio culturale e ambientale, in quest’ultimo lavoro, che dichiara scaturito dall’incontro con molte associazioni di cittadini, la prospettiva si amplia fino a coinvolgere tutto ciò che è possibile includere nel concettto di “bene comune”.

In tempi in cui questa idea è invocata quasi da tutti, Settis opportunamente distingue e precisa i diversi modi in cui concetti come beni comuni o beni pubblici sono stati intesi da politici, studiosi e legislatori, offrendo argomenti a chi pensa che la politica consista nell’adattare la realtà che cambia ai princìpi della Costituzione e non viceversa.

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