Vincenzo Latronico e Armin Linke, Narciso nelle colonie

Quodlibet Humboldt, 168 pagine, 18 euro

Nell’ottocento, quando gli occidentali cominciarono a fare viaggi esotici di piacere e a scriverne resoconti, si basavano sul postulato che quello che percorrevano era un territorio inesplorato. I loro libri, come Il milione di Marco Polo, avevano il fascino della rivelazione. Ancora oggi, quando andiamo lontano cerchiamo l’autenticità e, se non l’incontaminato, almeno il locale e il tipico. Ma oggi di ignoto c’è rimasto poco: invece è facile trovare mappe, foto e giudizi su quasi tutto quello che possiamo incontrare in quasi tutti i paesi. Quale spazio resta allora al racconto di viaggio e al viaggio stesso? Forse quello di una meditazione consapevole su cosa si sta cercando e su cosa si trova.

È quanto fanno emergere lo scrittore Vincenzo Latronico e il fotografo Armin Linke nel primo volume della collana Quodlibet Humboldt che ospita libri belli composti da un reportage originale, un portfolio fotografico prodotto nella stessa occasione e alcuni materiali di approfondimento, tra cui informazioni pratiche. Seguendo le tracce della ferrovia Gibuti-Addis Abeba, parlano dell’Etiopia, banco di prova del colonialismo e dell’esotismo, meta di Rimbaud e Patti Smith, dei fascisti e dei rastafariani, punto di partenza cruciale, tra l’altro, per capire meglio la storia italiana e la relazione dell’Italia con il resto del mondo.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it