Alexander Stille, La forza delle cose

Garzanti, 472 pagine, 24 euro

Un giorno un tassista suonò alla casa newyorchese del corrispondente del Corriere della Sera, Ugo Stille, per consegnare a sua moglie Elizabeth Bogert un portafoglio che aveva ritrovato, ma senza più i soldi. Lei fu felice e volle ricompensarlo con una bella mancia. Suo marito invece si insospettì: “Forse è venuto fin qui per studiare la casa prima di svaligiarla”.

Partendo da ricordi come questo, Alexander Stille ha impiegato le sue capacità di ricerca e di scrittura per capire come suo padre, mito inarrivabile del giornalismo italiano, e sua madre, donna determinata e affascinante, si sono incontrati e sono rimasti insieme nonostante l’infelicità che sapevano procurarsi reciprocamente. Ha ricostruito così due mondi lontani, quello di una famigia ebraica russa cresciuta nell’Italia fascista e quello di un’élite statunitense operosa e repressa, e la loro collisione nella New York degli anni sessanta del novecento, il centro del mondo di allora.

È una vicenda che non semplifica e non nasconde niente, dalla quale la storia appare non solo “come la finissima, quasi invisibile polvere che ricopre i mobili quando torniamo dopo una lunga assenza”, ma anche come una pioggia di macigni che arresta e condiziona il nostro cammino, costringendoci, per andare avanti, ad aggirarli, a scalarli, e qualche volta a cercare con pazienza di distinguerli e ordinarli, magari raccontandoli in un libro memorabile.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it