Paul Zanker, Augusto e il potere delle immagini
Bollati Boringhieri, 391 pagine, 22 euro
A certe immagini siamo così abituati che non ci chiediamo più come e perché siano nate. La scultura romana costituisce un caso esemplare. Ci sembra che sia sempre esistita. Ma è fatta così perché ci sono stati momenti in cui qualcuno ha compiuto scelte determinanti: ha deciso che avesse un certo stile, che potesse raffigurare certi soggetti, che fosse diversa da alcuni modelli e simile ad altri.
Uno di questi momenti decisivi è stato quando Roma è passata dalla repubblica all’impero: l’età in cui ha preso il potere Ottaviano, cambiando il suo nome in Augusto. Lo si capisce bene visitando la mostra Augusto, che resterà alle Scuderie del Quirinale di Roma fino al 9 di febbraio. Riunisce sculture bellissime, ha un tema abbastanza compatto da poter essere seguita anche da chi non ne sa molto, è ben allestita e spiegata. Prima della visita (o in alternativa) si può leggere questo libro scritto quasi trent’anni fa e per fortuna ristampato di recente.
Racconta in modo esemplare come le immagini furono usate per diffondere messaggi politici: prima per mostrare cosa Augusto non era (un uomo corrotto dalla dissolutezza dell’oriente e della Grecia), poi cosa era (un pio cittadino romano) e infine cosa stava portando a Roma (una nuova età dell’oro). Ebbe così successo che ancora oggi ci sembra che le cose non sarebbero potute andare in altro modo.
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