Gershom Scholem, Le tre vite di Moses Dobrushka
Adelphi, 231 pagine, 22 euro
Un ebreo nato in Slovacchia alla metà del settecento studia da rabbino ed è educato nel milieu del leader religioso Jacub Frank, che aveva affermato di essere il messia e aveva predicato la necessità di sospendere l’osservanza delle leggi mosaiche. Un cattolico che lavora per l’imperatore asburgico Giuseppe II scrive poesie e fonda una loggia massonica mistica ed esoterica: i fratelli asiatici. Un cittadino francese, entusiasta giacobino, pubblica opere per spronare il popolo a liberarsi dalle catene della religione, salvo poi finire ghigliottinato insieme a Danton.
In un libro appassionante Gershom Scholem, amico di Walter Benjamin e grande esperto di mistica e di cabala, racconta come queste tre esistenze furono in realtà tre fasi di una sola vita e prova a capire come la persona che le attraversò conservò sempre una sua coerenza mentre passava dall’una all’altra, cambiando addirittura nome. Nato Moses Dobrushka divenne infatti Franz Thomas Edler von Schönfeld e infine Junius Frey.
Ancora più che il gioco delle identità, a colpire il lettore è il fatto che non furono pochi in quell’epoca a condividere le scelte di Dobrushka, e che facendolo, nel giro di una trentina d’anni parteciparono a una più generale evoluzione che condusse “dal messianesimo al nichilismo”: un’evoluzione che forse, oggi, vale la pena di tornare a studiare.
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