Heiner Müller, Guerra senza battaglie
Zandonai, 362 pagine, euro 26,00
Il sottotitolo di queste memorie del grande drammaturgo tedesco scomparso nel 1996 (era nato nel 1929) è Una vita sotto due dittature, quella nazista e quella comunista, ed è la seconda a venir meglio raccontata e discussa.
Müller si è già spiegato in una raccolta di interviste dal titolo Tutti gli errori, e anche questa è un’intervista, perché “l’interesse che nutro per la mia persona non basta per scrivere un’autobiografia”, ma è anche una resa dei conti, la rivendicazione delle proprie contraddizioni. “Capire tutto significa non perdonare nulla”.
Sentenze esemplari: “Per un drammaturgo una dittatura è più vivace di una democrazia, Shakespeare sarebbe impensabile in una democrazia” (è sua); “Più c’è Stato e più c’è dramma, meno c’è Stato e più c’è commedia” (del suo amico Kounellis); “La democrazia non esiste, è una finzione o, da sempre, un’oligarchia: una minoranza che vive a spese di una maggioranza” (di nuovo sua).
Austere e un po’ fredde, queste memorie ricostruiscono un’epoca e il suo attraversamento da parte di un artista-lottatore, dentro le spire del sistema avvolgente e ricattatorio dello statalismo comunista, ma senza mai idealizzare l’altra parte, il capitalismo.
Degno allievo di Brecht, Müller non ha mai avuto la vita facile a Berlino Est, ma lì è riuscito a concepire e scrivere capolavori come La missione, Filottete, Hamletmaschine, Quartetto e altri ancora.
Internazionale, numero 877, 17 dicembre 2010
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