Mario Desiati, Ternitti

Mondadori, 258 pagine, 18,50 euro

Un po’ romanzo sociale e un po’ realismo poetico con un pizzico di vittorinismo, favoloso e melodrammatico. Una famiglia e tre generazioni di donne: gli emigrati in Svizzera degli anni settanta con il loro piccolo ambiente affettivo e professionale (lavorano con l’amianto, l’eternit, lu ternitti), tornano nel Salento negli anni novanta e trovano lu ternitti anche lì, e la condanna che ne consegue, di malattie e di morti.

Donne, anzitutto, che reggono mentre gli uomini cedono, come la protagonista Mimì, che ritrova a fine percorso colui che le ha dato una figlia e che ha ceduto vilmente alle pressioni di una società difficile. Mimì è bella e padrona delle sue scelte, né mite né spavalda, ma portatrice di una rivolta che “scompagina le convenzioni”. “Non era donna da essere amata dai poeti. Era troppo umana e troppo reale per essere trasfigurata da qualche scribacchino. Non era donna che potesse consegnarsi a qualche verso. A volte nulla per una donna è più offensivo di una poesia”.

È intorno a Mimì che il romanzo cresce e si dirama, e trova peso un ambiente, più che quello dell’emigrazione quello del Salento recente, terra antica di cui il romanzo scandaglia natura e storia, ricorrendo spesso alla suggestione di un dialogato dialettale. Il fulgore della natura e la bellezza femminile come antidoto alla morte, alla modernità dell’amianto e dello sviluppo.

Internazionale, numero 894, 22 aprile 2011

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