Alexandre Corréard e Jean-Baptiste H. Savigny, Il naufragio della «Medusa»

Medusa, 220 pagine, 24 euro

Era tempo che un editore riproponesse questo resoconto, già in edizione Bompiani nel dopoguerra, perché, come dice Affinati nella prefazione, la “memoria” di due sopravvissuti di uno storico naufragio reso mitico dal capolavoro di Géricault ha punti di contatto con i piccoli e grandi naufragi di questi anni, in un mare nostro pieno di morti nella disperazione. Il geografo Corréard e il chirurgo Savigny sopravvissero al naufragio del 1816, nel corso di una spedizione che, in tempo di restaurazione, doveva insediare in Senegal un nuovo governatore.

L’imperizia e sicumera dei comandanti – esempio della nuova classe dirigente postnapoleonica – fece incagliare e affondare la nave, e se alcuni trovarono posto in poche scialuppe, i più (circa 240, buoni o malvagi o vili, come sempre) vagarono su una zattera di fortuna di tragedia in tragedia (ultima il cannibalismo) e di rivolta in massacro finché i sopravvissuti non furono salvati. E la loro sventura continuò nella traversata del deserto o nella prigionia, mentre in patria il potere non amò il clamore suscitato dalla vicenda e la denuncia delle sue responsabilità. Con pagine degne di Conrad, questa evocazione rimanda al nostro oggi con severa violenza, commentata dai bellissimi disegni di Géricault.

Internazionale, numero 953, 15 giugno 2012

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