Vittorio Giacopini, Nello specchio di Cagliostro
Il Saggiatore, 584 pagine, 16 euro
Il romanzo storico, genere fondamentale nell’ottocento e nel novecento, ha visto nei nostri tempi due derive, o frane: quella “post-moderna” (con poche eccezioni di alto livello) e quella rozzissima del fumettone in costume, con faraoni e gladiatori. Giacopini l’affronta muovendosi con baldanza tra i Mann e i Wu Ming, ricostruendo biografie esemplari e forti, rappresentative di un’epoca, e immergendosi nel pozzo di un passato poco raccontato: il settecento europeo da un punto di vista romano, anzi vaticano.
Pensando a Barry Lyndon e a Casanova, s’immagina cosa potrebbe fare di questo romanzo un grande regista, se ce ne fossero all’altezza. Cagliostro, molto narrato in film e romanzi da Dumas a Welles (non solo attore), non ha mai avuto un film che sapesse cogliere adeguatamente il contesto italiano e non solo europeo in cui si muoveva questo affascinatore geniale e turlupinatore, figura ricorrente nella nostra storia e nella nostra cultura.
Più che Cagliostro interessano all’autore l’epoca e Roma, e l’antagonista del mago, l’alto prelato Zelada suo nemico, che vede giustamente nel mago l’incombere della rivoluzione e per questo lo perseguita, ma è poi costretto a fuggire travestito quando i francesi entrano nella città eterna. Questo romanzo è l’opera più complessa di uno strano esploratore di storie significative, il nostro anti-Eco.
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