Halldór Laxness, La base atomica

Iperborea, 272 pagine, 16 euro

Nonostante il Nobel (1955) per molto tempo conoscemmo di questo grande islandese soltanto Salka Valka, che ricordiamo come cupa storia che aveva a protagonista una giovane venuta da altrove, un po’ come la Ugla di questo La base atomica, che è invece una contadinella scesa dal nord a Reykjavík a servizio di un gentile deputato e della sua scombinata famiglia.

Sbalordita da tutto, ma dotata di grande buonsenso, assistita da una cultura popolare la cui saggezza riposa nelle antiche saghe, Ugla (gufo, gufetta) è personaggio di tradizione che serve all’autore per rivelare le trasformazioni di una cultura messa in crisi dall’invadenza americana che, nel 1947, esige una base atomica anche là. Come in un film di Frank Capra, Ugla ha a che fare con personaggi bizzarri, poliziotti estroversi, artisti visionari, giovani casinari senza adulti attendibili, ragazze in balia del comune maschilismo.

Il buonsenso non le basta, e rimane incinta, torna al paese, fa un figlio. Ma la città la raggiunge e recupera: c’è bisogno di persone come lei per mettere un po’ d’ordine in una società aggredita dalla modernità. Si ride e si sorride, ma, come avviene coi grandi, anche questo è un modo per svelare nemici e amici e le potenzialità dei marginali e di chi non rinuncia ad avere radici. Chi non conosce Laxness, non perda

Gente indipendente, sempre Iperborea, il capolavoro di questo vivacissimo “compagno”.

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