È perfettamente possibile che i soldati attraversino una frontiera “accidentalmente in un tratto non segnalato”, ed è così che Mosca spiega la cattura di un gruppo di paracadutisti russi sul territorio ucraino lo scorso fine settimana. Poveretti, avevano solo sconfinato per errore. Una volta tornati a casa dovranno fare un ripassino di orientamento.
Il problema di questa storia è che i dieci soldati russi, appartenenti al 331° reggimento della 98° divisione aviotrasportata, sono stati catturati a bordo di veicoli privi di segni di riconoscimento a venti chilometri dalla frontiera. È un terzo della strada tra il confine russo e la città di Donetsk, controllata dai ribelli e assediata dall’esercito ucraino, ed è difficile spiegare una simile deviazione con un errore di navigazione.
Ci sono molte altre prove che dimostrano come in Ucraina orientale sia attualmente in corso un’offensiva russa su tre fronti. Al momento ci sono forse meno di un migliaio di soldati russi in territorio ucraino, ma il loro obiettivo è chiaramente impedire la sconfitta dei ribelli e di rovesciare l’inerzia del conflitto.
La scorsa settimana le truppe ucraine sono riuscite a bloccare l’ultima strada che dalla Russia conduce alla città assediata di Luhansk, dopo che un grande convoglio di camion russi l’aveva percorsa quella strada per consegnare aiuti alla città. Ora i ribelli hanno lanciato una controffensiva per riaprire la strada e l’artiglieria russa è entrata in territorio ucraino nei pressi di Krasnodon per sostenerli.
Il 24 agosto un altro contingente russo che comprende anche carri armati ha attraversato il confine cinquanta chilometri a sud di Donetsk, capitale dell’altra provincia ribelle, e sta cercando di aprirsi un corridoio in direzione della città. I paracadutisti catturati facevano parte di questo contingente, attualmente fermo a Ilovaisk. Il 25 agosto una colonna di blindati russi è entrata in territorio ucraino molto più a sud, procedendo a ovest lungo la costa del mare d’Azov verso la città portuale di Mariupol.
L’ultima incursione, presumibilmente un tentativo di aprire un terzo fronte e alleviare la pressione sulle due città assediate, è ora a Novoazovsk, circa trenta chilometri a est di Mariupol. L’esercito ucraino sostiene di aver distrutto una dozzina di mezzi. Giovedì alcuni elicotteri russi hanno attaccato un valico di frontiera a est di Luhansk, uccidendo quattro guardie ucraine e ferendone tre.
Non è ancora guerra aperta tra Russia e Ucraina, ma l’esercito ucraino sta ormai combattendo direttamente contro le truppe russe su diversi fronti. Naturalmente la Russia nega ancora, ma non si aspetta di essere creduta. Piuttosto che assistere al crollo dei separatisti sostenute da Mosca nelle due provincie orientali dell’Ucraina, il presidente russo Vladimir Putin ha deciso di imprimere un’escalation al conflitto. Il messaggio è che la Russia farà tutto il necessario per sostenere la ribellione.
Il peso dell’escalation. Ma è davvero così? Putin è ormai a un passo da una vera e propria invasione dell’Ucraina orientale, e la Russia sta già subendo pesanti sanzioni economiche. Se compirà anche l’ultimo passo torneremo alla guerra fredda. Una guerra la Russia finirebbe per perdere, e stavolta non ci vorrebbero quarant’anni.
La Russia di oggi ha solo metà della popolazione dell’Unione Sovietica e non è più una grande potenza industriale. Senza le sue esportazioni di gas e petrolio, i suoi cittadini sarebbero poveri come gli ucraini. Se la Nato prendesse sul serio la minaccia russa e si riarmasse di conseguenza, la Russia non riuscirebbe a tenere il passo, e se ci provasse farebbe crollare la sua fragile economia. Alla fine il risultato sarebbe la caduta di Putin.
Probabilmente Putin se ne rende conto, ma il suo orgoglio e il suo desiderio di ripristinare la potenza russa non gli permettono di accettare la sconfitta. L’attuale escalation è piuttosto parte di un gioco del pollo: riuscirà a spaventare l’occidente fino a fargli accettare un accordo che gli permetta di salvare la faccia e riporti l’Ucraina sotto il controllo politico ed economico della Russia? La risposta è: probabilmente no.
Il presidente ucraino Petro Porošenko non sembra disposto a tornare ai vecchi tempi. Con la convocazione delle elezioni parlamentari la scorsa settimana ha dichiarato che l’Ucraina vuole continuare a essere uno stato sovrano e centralizzato, non lo stato impotente e decentrato che Mosca vorrebbe, e che vuole conservare la possibilità di entrare nell’Unione europea e persino nella Nato (sebbene nessuna di queste offerte sia attualmente sul tavolo).
Il problema del gioco del pollo è che ciascun giocatore deve dimostrare il suo desiderio di andare fino in fondo, anche se andare fino in fondo è una follia. Il primo che cede alla sanità mentale perde. L’unico modo in cui entrambi i giocatori possono evitare il disastro e al tempo stesso non perdere il gioco è che entrambi rinsaviscano esattamente nello stesso momento. È a questo che serve la diplomazia, ma finora non ha funzionato.
(Traduzione di Giusy Muzzopappa)
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