La Russia è davvero una minaccia?
Poco prima di sedersi davanti a un piatto di salsicce bavaresi e a una birra con la cancelliera tedesca Angela Merkel all’apertura del G7 del 7 giugno, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha dichiarato che una delle priorità del vertice sarebbe stata trovare il modo di “reagire all’aggressione russa in Ucraina”. A questo punto una domanda nasce spontanea: di che genere di aggressione stiamo parlando?
È innegabile che in questo momento dei soldati russi siano presenti nelle province orientali dell’Ucraina, e questo è chiaramente un atto di aggressione in base al diritto internazionale. I russi non sono affatto volontari che si sono congedati per aiutare i ribelli, come sostiene Mosca. Di solito i soldati in congedo non si portano dietro i carri armati e l’artiglieria.
Resta da capire se la presenza delle truppe russe sia il preludio a un’invasione di tutta l’Ucraina, come ha dichiarato di recente il presidente ucraino Petro Porošenko. Se è così, per fermare Mosca ci vorrebbe un impegno di ben altro livello, e il risultato sarebbe probabilmente l’inizio di una nuova guerra fredda.
Per la Russia è anche il primo passo di una campagna per recuperare tutti i territori che facevano parte dell’Unione Sovietica e prima ancora dell’impero zarista, come temono Estonia, Lettonia, Lituania, Moldova, Georgia e le altre ex “repubbliche sovietiche”? Se è così, “reagire all’aggressione russa” sarebbe ancora più difficile, e la risposta dovrebbe necessariamente includere un rafforzamento della presenza Nato in Europa e probabilmente una nuova corsa agli armamenti nucleari.
E se il presidente russo Vladimir Putin volesse conquistare il mondo intero, come Napoleone e Hitler? Se è così, preparatevi per la terza guerra mondiale, perché difficilmente si fermerebbe davanti a qualcosa di meno. Ma forse è meglio fare un passo indietro e cercare di capire che genere di aggressore è Putin.
Partiamo da un indizio: Putin è stato eletto presidente della Russia per la prima volta nel 1999, e nei suoi primi 15 anni al potere non ha mai attaccato nessuno. Ha risposto duramente allo stupido attacco della Georgia al contingente russo in Ossezia del Sud nel 2008, ma non è stato lui a scatenare quella guerra.
Di solito gli aspiranti conquistatori del mondo non aspettano 15 anni per fare la prima mossa. Cominciano subito, perché per conquistare il mondo ci vuole tempo.
Dopo tre mesi di manifestazioni non violente contro il presidente filorusso dell’Ucraina Viktor Janukovič nell’inverno del 2013, e dopo una giornata di violenze a Kiev che si è conclusa con la morte di cinquanta manifestanti e tre poliziotti, il 21 febbraio 2014 Putin ha accettato un accordo che prometteva nuove elezioni in Ucraina entro un mese.
È difficile capire perché i manifestanti abbiano scelto di passare l’inverno in piazza chiedendo le dimissioni di Janukovič quando mancava meno di un anno alle elezioni generali. Perché non sono rimasti a casa aspettando di votare contro di lui l’anno successivo? Difficilmente Janukovič avrebbe potuto fare qualcosa d’irreparabile in così poco tempo.
Ma lasciamo stare questo particolare e passiamo oltre. La sera del 21 febbraio 2014 i leader dei manifestanti accettarono l’accordo delineato dalla Russia e dall’Unione europea, in base al quale Janukovič si sarebbe dimesso e ci sarebbero state nuove elezioni entro un mese. Eppure, poche ore dopo, i manifestanti attaccarono il palazzo presidenziale costringendo Janukovič a scappare. Perché non hanno voluto aspettare nemmeno un mese?
Forse perché temevano di perdere le elezioni. Kiev si trova nella parte occidentale dell’Ucraina, dove la maggior parte della popolazione è filoccidentale e vorrebbe entrare nell’Unione europea e addirittura nella Nato, se fosse possibile. Anche per questo, guardando le immagini televisive, molti hanno avuto la percezione che tutti gli ucraini volessero l’allontanamento di Janukovič.
Ma la verità è che Janukovič aveva vinto regolarmente le elezioni del 2010 ottenendo il 52 per cento dei voti, grazie soprattutto all’appoggio degli abitanti dell’Ucraina orientale, i cui antenati hanno vissuto sotto l’impero russo per più di tre secoli (a differenza di quelli degli ucraini occidentali). La maggior parte degli ucraini orientali parla russo, è di religione ortodossa come i russi ed è generalmente filorussa.
Inoltre l’Ucraina orientale ospita quasi tutte le industrie pesanti del paese, e la Russia assorbe la maggior parte del carbone, dell’acciaio e dei beni industriali esportati dalla regione. Sono stati i voti degli ucraini dell’est a far eleggere Janukovič nel 2010, e non c’era alcun motivo per supporre che le cose sarebbero cambiate nel 2014. La verità è che nel 2014 a Kiev c’è stato un colpo di stato, e Putin aveva tutte le ragioni per sentirsi ingannato e tradito.
Il presidente russo ha sbagliato a reagire con la forza riconquistando la provincia della Crimea (abitata in gran parte da russi, ma assegnata all’Ucraina nel 1954), ha sbagliato a sostenere i ribelli nelle province orientali di Donetsk e Luhansk e ha sbagliato ancora di più se davvero li ha incoraggiati a ribellarsi. Tutto questo, infatti, è chiaramente contrario al diritto internazionale.
Ma questo non significa che il Cremlino abbia in programma di conquistare il mondo. In realtà Putin non vuole nemmeno conquistare l’Ucraina. “Reagire a Putin” è un tonificante esercizio morale, ma non è affatto necessario.
(Traduzione di Andrea Sparacino)