Ricordate Mohamed Nasheed, il giovane e carismatico ex presidente delle Maldive? Per denunciare che il suo paese è minacciato dall’innalzamento del livello del mare aveva tenuto la prima riunione del suo governo sott’acqua, con i ministri in tuta da sub.
“Questo è quanto succederà alle Maldive se non saranno fermati i cambiamenti climatici”, aveva dichiarato alle telecamere mentre i pesci gli nuotavano accanto. Non lo aveva esattamente “dichiarato”, visto che non si può parlare sott’acqua, ma è questo che voleva dire. Vi state chiedendo dov’è Nasheed adesso, mentre a Parigi è in corso la grande conferenza per fermare il riscaldamento globale?
Sfortunatamente Nasheed non può essere a Parigi: nel 2012 è stato deposto da un colpo di stato e a marzo è stato condannato a 13 anni di prigione per “terrorismo”. La sua promessa di fare delle Maldive un esempio per il mondo, riducendo a zero le emissioni di anidride carbonica nel giro di dieci anni, è stata modificata dal nuovo governo.
I golpisti hanno ritenuto che un taglio delle emissioni del 100 per cento entro il 2020 fosse troppo ambizioso, e hanno quindi optato per un taglio del 10 per cento entro il 2030.
Questa decisione potrebbe dipendere dal fatto che stanno anche incoraggiando lo sfruttamento petrolifero nel paese? Certo, bisogna essere davvero cinici per pensare che sia legata alle ricchezze che talvolta finiscono misteriosamente nelle tasche dei governanti dei paesi petroliferi.
Nessun punto delle oltre mille isole dell’arcipelago è più alto di 2,4 metri sul livello del mare
Come si è arrivati a questo punto? Ogni paese è diverso, ma i cambiamenti che hanno spinto le Maldive in questa triste situazione sono un avvertimento di ciò che può succedere alle promesse fatte dai diversi paesi sulla riduzione delle emissioni. Poiché l’intero negoziato di Parigi si fonda sull’impegno volontario dei singoli partecipanti a ridurre le proprie emissioni, ci sono altrettanti modi diversi in cui sarà possibile sabotare qualsiasi decisione presa alla conferenza.
Le Maldive hanno spesso assunto un ruolo guida nelle questioni legate ai cambiamenti climatici, perché sono uno dei paesi più minacciati dall’innalzamento del livello degli oceani. Tre quarti della loro superficie sono a meno di mezzo metro sopra il livello del mare e, se le previsioni degli scienziati risulteranno corrette, saranno coperti dall’acqua entro la fine del secolo. Nessun punto delle oltre mille isole dell’arcipelago è più alto di 2,4 metri sul livello del mare.
La vecchia combriccola si vendica
Perfino Maumoon Abdul Gayoom, il dittatore che ha guidato l’arcipelago per trent’anni prima che Nasheed vincesse le elezioni nel 2008, era impegnato nella lotta ai cambiamenti climatici. Nasheed, all’epoca un giovane giornalista, è stato arrestato quindici volte e spesso torturato durante la dittatura di Gayoom. Ma Gayoom è stato il primo governante a denunciare la minaccia che pende sui piccoli stati insulari nel discorso che ha tenuto alle Nazioni Unite nel 1987.
Le Maldive sono state il primo paese a ratificare il protocollo di Kyoto, il primo accordo internazionale volto a combattere i cambiamenti climatici. Gayoom è stato inoltre fondamentale per la creazione dell’Alleanza dei piccoli stati insulari (Aosis), che oggi raccoglie 44 paesi, tra membri e osservatori, e ha una nutrita rappresentanza a Parigi.
Nasheed, laureato in oceanografia, non era quindi il primo a sollevare la questione quando ha tenuto il suo famoso consiglio dei ministri subacqueo. È difficile essere maldiviano e non preoccuparsi dei cambiamenti climatici. Eppure può succedere, e l’attuale presidente delle Maldive, Abdulla Yameen, ne è la prova vivente.
A dire la verità, la cosa un po’ gli interessa. Tuttavia il potere gli interessa di più. Dopo che Nasheed è stato costretto a dimettersi, la vecchia combriccola è tornata al suo posto e si è vendicata: Yameen è il fratellastro di Gayoom e la ministra degli esteri è la figlia dell’ex dittatore. Nasheed, invece, è in prigione.
L’attuale governo sta cercando di aumentare il suo tasso di popolarità giocando la carta dell’islamismo
Nasheed stava tornando sulla scena politica alle elezioni presidenziali del 2013: ha vinto il primo turno, ma il risultato è stato annullato dalla corte suprema. Dopo diversi brogli, Yameen è stato eletto presidente grazie al sostegno del terzo classificato, Gasim Ibrahim.
Quest’anno Ibrahim ha lasciato la coalizione per unirsi al Partito democratico delle Maldive di Nasheed, trasformandolo nel favorito alla vittoria alle prossime elezioni, ma Yameen ha risposto con la prigione per Nasheed, accusato di aver richiesto illegalmente l’arresto di un giudice quando era al potere.
Sebbene durante il processo non sia stata fornita alcuna prova del fatto che Nasheed abbia davvero emesso un simile ordine, e neppure che ne fosse al corrente, l’arresto del giudice è stato considerato un “rapimento”, che secondo il codice penale delle Maldive è un atto terroristico. Nasheed è stato condannato a tredici anni di prigione ed è andato a far compagnia alle circa 1.700 persone (su una popolazione di 350mila) attualmente detenute per crimini politici.
L’attuale governo sta cercando di aumentare il suo tasso di popolarità giocando la carta dell’islamismo: la pena di morte è stata reintrodotta sessant’anni dopo la sua abolizione. Ora è cominciato il regolamento di conti interno: il vicepresidente di Yameen è stato arrestato con l’accusa di aver pianificato l’uccisione del presidente, e il riscaldamento globale è passato in secondo piano.
La giovane democrazia delle Maldive sta affondando, e presto potrebbe affondare l’intero paese. Ma la politica è un gioco a breve termine. Non tutte le promesse che saranno fatte a Parigi verranno mantenute.
(Traduzione di Federico Ferrone)
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it