Bisogna leggere con calma quello che è successo all’alba del 29 agosto, con la diffusione online di un video da parte dell’ex leader della guerriglia colombiana Iván Márquez e dai suoi scagnozzi, in cui annunciavano una “battaglia contro il tradimento degli accordi di pace”. Quello che uccide è il panico, si dice durante un incendio; quello che fa annegare è la paura, si dice durante un naufragio; quello che fa male è lo scandalo, si potrebbe dire della nostra vita politica sempre piena di allarmi e soprassalti. Dobbiamo dare a questo annuncio il peso che merita, senza diminuirlo o aumentarlo.

Prima di tutto Iván Márquez non rappresenta la maggioranza delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc), di cui è stato il numero due, e la guerriglia che vuole mettere in piedi sarà un fallimento grazie al ripudio che i colombiani sentono oggi per la lotta armata. Più che la pace, la narrazione della pace ha avuto successo e questa nuova rivolta va controcorrente rispetto alla storia.

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Ho visto con pazienza i 32 minuti del manifesto letto da Márquez presumibilmente lungo fiume Inírida (ma non l’hanno mostrato), cioè dal nulla. Davanti alle telecamere c’erano 16 uomini e quattro donne. Le divise non erano state realizzate con lo stesso tessuto e le calzature erano irregolari, anche se predominavano gli stivali di gomma; le armi erano di diversi tipi; i guerriglieri, per lo più erano di mezza età – tranne due donne – e molti di loro grassi, con le pance che stavano per far esplodere i bottoni delle divise.

Se qualcosa ci ha mostrato il conflitto armato e qualsiasi guerra internazionale è che per andare in battaglia non basta un gruppo di cinquanta o sessanta capetti con barba e capelli grigi, servono dei giovani. La carne da cannone delle guerre arriva sempre da giovani alla fine dell’adolescenza, dai bambini cresciuti che non si sono ancora resi conto di essere mortali o che nella loro incoscienza non hanno paura. E ciò che si nota nella piccola banda del video è che in quel gruppo i ragazzi sono molto pochi. Ciò che ha fatto durare a lungo la guerra colombiana è stato che ha coinciso con un momento demografico in cui c’erano più adolescenti che mai nella nostra storia. Oggi non è così, e più ragazzi il paese può portare all’istruzione e alla speranza, meno ne potrà reclutare Márquez.

Con i tipici eufemismi cinici di sempre, Iván Márquez ha annunciato la modalità operativa del nuovo gruppo armato. Ha garantito la “totale dissociazione dalle trattenute a fini economici” (leggi i rapimenti), ha affermato che “sarà data priorità al dialogo con uomini d’affari, allevatori, commercianti e persone facoltose nel paese per chiedere il loro contributo” (cioè saranno dedicati a estorsione e ricatti), una forma di “tassazione”, ha detto. Ha anche affermato che faranno pagare la loro parte alle economie illegali (leggi il traffico di droga e l’estrazione selvaggia) e alle multinazionali. È qui, in queste fonti di finanziamento del nuovo gruppo armato, che lo stato deve intervenire con azioni e indagini.

In ogni caso non è giusto concedere tutto lo spazio a coloro che non rispettano e anzi tradiscono in modo flagrante gli accordi di pace. Altri leader, senatori e rappresentanti del gruppo guerrigliero che ha scelto il disarmo continuano a conformarsi agli accordi e sono impegnati in politica, nella parola, nel dialogo. L’ex comandante delle Farc e il suo capo all’Avana, Rodrigo Londoño, rimangono fedeli alla pace. Victoria Sandino, Sandra Ramírez (vedova dell’ex leader storico delle Farc, Marulanda), Carlos Antonio Losada e altri continuano a difendere pacificamente le loro convinzioni. E dietro di loro ci sono più di diecimila guerriglieri smobilitati, molti dei quali molto giovani, che hanno riposto la loro speranza in una vita pacifica e dignitosa, se gli accordi postbellici saranno raggiunti. Molti studiano, si laureano, lavorano a piccoli progetti.

Proprio come vanno combattuti coloro che tradiscono la pace, vanno difesi quelli che la realizzano e gli accordi che sono stati firmati. Questo governo, per quanto assurdo possa sembrare, dovrà ora essere il primo difensore dell’accordo di pace, perché i traditori hanno ottenuto qualcosa di molto importante: legittimare coloro che lo hanno rispettato.

(Traduzione di Stefania Mascetti)

Un’intervista con Héctor Abad Faciolince a Ferrara, ottobre 2017


Questo articolo è stato pubblicato dal quotidiano colombiano El Espectador.

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