Dal Libretto rosso di Mao al librone bianco di Xi Jinping
Ripensando alla fiera del libro di Francoforte del 2009, quando la Cina fu selezionata, tra le polemiche, come paese ospite, trovo che i costanti cambi di opinione relativi al dissenso e alla libertà d’espressione (che all’epoca mi affascinavano) siano meno interessanti di una cosa a cui avevo fatto poco caso: non c’erano nessun libro del presidente cinese di allora, Hu Jintao, e nessuna sua immagine nello spazio espositivo ufficiale della Cina.
Dieci anni fa lo schema prevedeva che il leader cinese pubblicasse dei libri solo dopo aver concluso l’incarico di segretario generale del Partito comunista e di presidente. E quindi, a Francoforte, la collezione più recente di discorsi pubblicati era ancora quella di Jiang Zemin, che aveva ceduto a Hu la guida del partito e la presidenza, rispettivamente nel 2002 e nel 2003.
La situazione è cambiata drasticamente. Oggi la prima cosa che vedo in molti negozi cinesi è il sorriso di Xi Jinping stampato sulle copertine di The governance of China, un grosso libro color crema, uscito con il primo volume nel 2014, e composto perlopiù dai discorsi pronunciati da Xi quando ha preso il posto di Hu come segretario generale nel 2012 e come presidente nel 2013.
Un salto all’indietro
In linea con questa tendenza, i mezzi d’informazione ufficiali di Pechino hanno affermato che l’evento centrale alla Fiera del libro di Londra, a marzo, è stato la risposta entusiastica, tra gli altri del principe Andrew, a una serie di nuove edizioni in lingua straniera del secondo volume, che raccoglie soprattutto gli interventi di Xi tenuti dalla metà del 2014.
Nelle fotografie si vede lo spazio espositivo della Cina a Londra pieno di copie di The governance of China e, indipendentemente dalla lingua di edizione, tutte con lo stesso ritratto tondo e scontornato di Xi in copertina.
Oggi, in alcuni ambienti, si parla ancora di un “modello cinese” esportabile
L’allestimento è servito a suggerire che Xi non è solo l’uomo più potente della Cina, ma anche il suo principale scrittore. Viene spontaneo, soprattutto nell’anniversario del 1968, considerarlo come un ritorno al passato. Se cinquant’anni fa Pechino avesse partecipato alla fiera del libro, gli spazi della Cina sarebbero stati pieni di copie del Libretto rosso, magari con un piccolo ritratto scontornato del presidente Mao in copertina.
Ci sono alcune analogie tra il libro di Mao Zedong e quello di Xi Jinping. Per esempio, anche le persone che in Cina non erano interessate a leggere davvero il Libretto rosso, cinquant’anni fa trovavano politicamente utile averne una copia a portata di mano e poter dimostrare una certa familiarità nei suoi confronti. Lo stesso vale oggi per il grande libro bianco di Xi. Inoltre, è noto che gli scritti di Mao furono opera di parecchi autori e ci sono pochi dubbi che anche il corpus in continua espansione di Xi sia una creazione collettiva.
La scomparsa della lotta di classe
Con i paragoni possiamo fermarci qui ed esaminare le differenze. Per esempio il grande libro bianco non è usato nelle situazioni più disparate come il Libretto rosso, che era sbandierato alle manifestazioni o letto ad alta voce negli ospedali dai suoi fedeli sostenitori, convinti che le sue parole sacre potessero restituire l’udito ai sordi.
Inoltre, fuori della Cina c’erano persone convinte che il piccolo tomo di Mao offrisse una guida da usare nelle lotte per ottenere cambiamenti radicali nei loro paesi . Oggi, in alcuni ambienti, si parla ancora di un “modello cinese” esportabile. Eppure, la maggior parte dei sostenitori stranieri – tra i quali c’è anche Mark Zuckerberg, che aveva una copia del primo volume di Xi in mostra sulla scrivania nella sede di Facebook, quando alcuni anni fa aveva ricevuto Lu Wei, principale responsabile della censura in Cina – si è per ora accontentata di sostenere che il valore del grande libro bianco di Xi sia semplicemente quello di fornire spunti interessanti sugli slogan, gli obiettivi e la psicologia del suo autore.
Il Libretto rosso conteneva brevi estratti degli scritti di Mao, elaborati nel corso di decenni, mentre i discorsi del grande libro bianco sono stati pronunciati in un breve arco di tempo e compaiono come lunghi estratti o per intero. Mao aveva le sue opinioni sui principali concetti del marxismo e criticava il confucianesimo in quanto antitetico alla visione del suo partito. Xi, da parte sua, ignora la lotta di classe (né questa espressione né la parola classe compaiono nell’indice del volume uno, che invece contiene “scontro di civiltà” e “informatica cloud”). Inoltre cita insieme Marx e Confucio, come se l’uomo che Mao definiva un filosofo “feudale” e il co-autore tedesco del Manifesto del partito comunista appartenessero alla stessa corrente filosofica.
La politica delle pubbliche relazioni
Nel sistema politico cinese, i leader non partecipano a campagne elettorali in cui espongono le loro idee e dicono cosa faranno una volta arrivati al potere. Al contrario, prima raggiungono i vertici e poi dichiarano le loro idee, tengono discorsi su quel che hanno fatto e descrivono i loro obiettivi. Perciò leggere il primo volume di The governance of China è un po’ come mettere insieme le bozze di un discorso. Xi sostiene che sotto la sua guida il pil cinese del 2010 raddoppierà entro il 2020, e che il paese diventerà chiaramente uno stato “socialista moderno” entro la metà del secolo, quando la Repubblica popolare cinese compirà un secolo, nel 2049.
Il secondo volume sembra più il dépliant di pubbliche relazioni di un’azienda. Xi esprime il suo impegno ad aumentare il peso della Cina nel mondo, pur rimanendo deciso a farlo in modo rispettoso, per esempio senza chiedere ai partner stranieri di adeguarsi alle richieste cinesi ma lasciandoli agire come preferiscono. Alcuni discorsi spiegano i recenti risultati dell’amministrazione Xi, mentre altri si concentrano sui suoi progetti futuri.
Entrambi i volumi mettono in risalto un tema centrale: la Cina è sicura di ritrovare la sua grandezza. Per farlo, come è sottinteso o affermato pagina dopo pagina, ha bisogno di stabilità, unità e di un leader forte.
L’editore sicuramente sapeva che il grande libro bianco sarebbe stato più sfogliato casualmente che letto dall’inizio alla fine. La serie d’immagini a colori d’introduzione al primo volume, così come le fotografie nel secondo dovrebbero quindi essere trattate come parti integranti del testo.
Nel primo Xi è descritto, tra le altre cose, come un giovane studioso, un marito devoto, un padre amorevole, un bravo figlio, una persona semplice (in una fotografia dà un calcio a un pallone) e capace di empatia (lo si vede mentre collabora alle operazioni di soccorso di un villaggio e ascolta le preoccupazioni dei suoi abitanti). Le illustrazioni del secondo volume lo presentano come un uomo a suo agio nel ruolo di comandante supremo (mentre passa in rassegna le truppe) e rispettato all’estero (accanto ai principali leader mondiali nel corso di vertici internazionali).
Il grande libro bianco non si legge esattamente d’un fiato. E una grossa percentuale dei milioni di copie in circolazione probabilmente è stata distribuita gratuitamente. L’opera tuttavia va presa seriamente. La Cina, di recente, ha emendato la sua costituzione in modo che i presidenti possano fare più di due mandati quinquennali. Questo apre la possibilità che Xi rimanga al potere per tutta la vita. I due attuali volumi del grande libro bianco potrebbero aumentare fino a diventare un numero sufficiente a riempire un lunghissimo scaffale.
(Traduzione di Federico Ferrone)
Questo articolo è uscito sul settimanale britannico The Times Literary Supplement.