Il 12 settembre 2015 Jeremy Corbyn è stato eletto leader del Partito laburista con una maggioranza schiacciante. La sua vittoria era ampiamente prevista, ma è stata comunque sconvolgente, anche perché Corbyn ha potuto presentarsi solo grazie ad alcuni parlamentari del partito che volevano “allargare il dibattito” (per candidarsi alla guida dei Labour serve l’appoggio di 35 parlamentari).
Nessuno pensava che avesse possibilità di vincere, ma una volta partita la campagna la situazione è cambiata drasticamente. Migliaia di elettori si sono iscritti per votare (anche grazie alle nuove regole introdotte per ridurre l’influenza dei sindacati). Agli incontri con Corbyn c’erano sempre tantissime persone entusiaste.
Gli altri candidati sembravano tutti uguali e avevano poco da dire. Pensavano che avrebbe vinto uno di loro e che la scelta sarebbe avvenuta in base a sottili differenze politiche. È stato un errore madornale da cui non si sono più ripresi.
Fin dall’inizio gli attacchi contro di lui sono stati brutali, sul piano personale e politico
Jeremy Corbyn è un attivista e ha sempre lavorato fuori del parlamento, difendendo soprattutto gli innocenti in galera e gli oppressi, lottando contro la guerra e l’imperialismo. Spesso si è ribellato al suo stesso partito. Diversi esponenti del gruppo parlamentare laburista non l’hanno mai incontrato. Corbyn è sempre stato un nemico dei mezzi d’informazione britannici dominati da Rupert Murdoch e un sostenitore di sindacati e scioperi.
Il nuovo leader laburista e i suoi sostenitori erano preparati agli attacchi dei mezzi d’informazione, ma certo non si aspettavano un linciaggio come quello cominciato il 12 settembre. Corbyn non ha uno spin doctor e spesso rifiuta di parlare con i mezzi d’informazione tradizionali (soprattutto quelli di proprietà di Murdoch).
Fin dall’inizio gli attacchi nei suoi confronti sono stati brutali, sul piano personale e politico. Corbyn è stato definito un pericolo per la sicurezza nazionale e le sue opinioni sulla Palestina sono state distorte per farlo sembrare un antisemita e un terrorista. Quando ha dichiarato che Osama bin Laden doveva essere processato e non ucciso le sue parole sono state manipolate per farlo apparire un sostenitore della violenza politica.
Corbyn – ateo e repubblicano – è rimasto in silenzio invece di cantare l’inno nazionale (Dio salvi la regina) durante le celebrazioni della battaglia d’Inghilterra, e la stampa si è nuovamente scatenata: Corbyn è antibritannico, ha offeso la regina, è una vergogna per il suo paese. Gli attacchi sono stati violenti, eccessivi ed esplicitamente progettati per evitare le discussioni nelle aree in cui Corbyn ha costruito il suo consenso: l’economia e l’austerità.
La Bbc è intervenuta con una lunga serie di previsioni apocalittiche sul futuro di Corbyn: durerà una settimana? I social media hanno protestato, e questa è una buona notizia: stavolta ci sono alternative ai mezzi d’informazione tradizionali. Il mio prozio Michael Foot fu segretario del Labour dal 1980 al 1983, e quando subì attacchi simili non ebbe modo di difendersi.
Corbyn è un duro. Sapeva che tutto questo sarebbe successo (magari non con questa violenza) e sapeva che i suoi sostenitori avrebbero risposto al fuoco. Ma è comunque difficile far passare il proprio messaggio contro una marea di negatività e pessimismo.
Forse Corbyn non ha davvero speranza. Forse si dimetterà entro un anno. Forse i suoi nemici sono troppi, hanno troppe armi e sono troppo abili nelle arti oscure della propaganda. Forse troppe persone hanno troppo da perdere.
Ma qualunque cosa accada, i suoi primi giorni alla guida del Partito laburista hanno dimostrato che la nostra democrazia è molto fragile e le persone che detengono il potere non sono disposte a condividerne nemmeno una piccola parte. Corbyn minaccia l’ordine costituito, e quelli che comandano non si fermeranno fino a quando non l’avranno distrutto, come uomo e soprattutto come alternativa politica.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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