Pensavo che Bella addormentata di Marco Bellocchio mi sarebbe piaciuto di più. Non riesco a immaginare un regista più adatto di Bellocchio a trattare un tema eticamente complesso come il diritto a morire dignitosamente.

Per me il regista di Bobbio è l’unico fra i cineasti italiani della sua generazione che ha saputo rinnovare il suo linguaggio costantemente negli anni. Mi sono piaciuti anche film a volte considerati “minori” come Diavolo in corpo o [L’ora di religione][1], per la loro visione disincantata delle debolezze umane. Debolezze che nel caso di [Eluana Englaro][2], che fa da spina dorsale al film, hanno trovato ampio sfogo.

Ma c’è qualcosa che manca in un questo film che Bellocchio ambienta in quei giorni freddi e piovosi del febbraio 2009, quando infuriava il dibattito etico e politico in seguito all’interruzione dell’alimentazione forzata di Eluana alla clinica La quiete di Udine. Il problema principale è che dietro ad una messa in scena molto bella - sobria e tenebrosa, anche sul piano della luce e della fotografia – e dietro a delle interpretazioni forti e autentiche soprattutto da parte di Toni Servillo e Alba Rohrwacher, si nasconde sotto sotto un melodramma televisivo.

Servillo è Uliano Beffardi, un senatore friulano di una corrente ex-socialista di Forza Italia che davanti al voto imposto del suo partito sul decreto per “salvare” Eluana decide di votare contro, per poi dare le dimissioni. Rohrwacher interpreta sua figlia Maria, cattolica e convinta sostenitrice della campagna per mantenere Eluana in vita a tutti i costi. Dietro al loro conflitto c’è la morte della madre di Maria e moglie di Servillo, una morte che con quella di Eluana c’entra non poco.

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Se vi sembra fin qui una trama alquanto artificiosa, c’è di peggio. In viaggio verso Udine per partecipare alla veglia davanti alla clinica di Eluana, Maria incontra un ragazzo laico che va a sostenere lo schieramento opposto. Scatta l’amore a prima vista, naturalmente. Di contorno ci sono due storie parallele.

La prima è quella di una ragazza (bellissima, naturalmente) in stato vegetativo in una casa borghese con mamma Isabelle Huppert, una ex attrice diventata cattolica fondamentalista. La seconda ruota attorno a un medico ospedaliero che un giorno, fra caos e cure alla meglio, si trova inspiegabilmente coinvolto nel caso di una donna tossicodipendente (bella, naturalmente) che vuole suicidarsi. Decide di vegliare anche lui finché lei non si sveglia.

Essendo un film di Bellocchio, la storia hollywoodiana è quasi riscattata dalla bravura di una messa in scena misurata, sinfonica, esaltata da una malinconica colonna sonora “vecchia scuola” di Carlo Crivelli. Molto convincente è anche il movimento scenico che passa attraverso una serie di spazi claustrofobici, anche quando sono all’aperto. Un’allusione, forse, alla chiusura mentale che caratterizzava il dibattito di quei giorni.

Poi c’è una scena che vale l’intero film, quando un’intera corrente di senatori si prepara per il voto serale in una specie di spa con il megaschermo, satirica rievocazione della

civitas romana in un mondo privo di valori.

Riprendo la mia serie occasionale di video omaggi al cinema italiano e credo che quest’ultimo rappresenti un vero salto di qualità. Sono riuscito a convincere nientedimeno che Pierce Brosnan a recitare una scena che racchiude tutto il significato de La dolce vita in un singolo take.

Io e Pierce siamo disposti a considerare eventuali inviti da parte dei festival, ma sappiate che siamo tutti e due molto esigenti sulla marca di champagne che beviamo a colazione.

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