Da circa un mese l’affare Savile domina le prime pagine dei giornali e telegiornali britannici.
Nato nel 1926 in una famiglia cattolica di Leeds, Jimmy Savile è stato uno dei più famosi dj radiofonici del paese, passato poi in tv – sempre con l’emittente nazionale, la Bbc – dove ha raggiunto l’apice del suo successo con la trasmissione Jim’ll fix it, la cui formula era: “Hai un sogno? Jimmy ti aiuterà a realizzarlo (a patto che rientri nei tempi e il budget di una trasmissione televisiva settimanale)”.
Avevo 14 anni quando la trasmissione debuttò, nel 1975, e mi ricordo che, per quanto trovassi falso il meccanismo sogno-realizzazione (che non di rado coinvolgeva un’azienda o un’organizzazione che ne riceveva pubblicità gratis), era difficile staccarsi dallo schermo. Jim’ll fix it aveva un fascino un po’ vampiresco, proprio come Jimmy Savile in persona.
Noto per la sua lunga chioma di capelli biondo platino, Savile portava vestiti e occhiali stravaganti, fumava sigari cubani e andava in giro in Rolls-Royce, forse per scacciare il ricordo di un’infanzia povera e un’adolescenza passata, in parte, a lavorare nelle miniere di carbone dello Yorkshire. Allo stesso tempo si dava molto da fare come sostenitore di istituzioni e iniziative benefiche, aiutando in particolar modo alcuni ospedali pediatrici come Stoke Manderville. In riconoscimento alla sua filantropia, la regina Elisabetta lo nominò sir Jimmy Savile nel 1990. Nel 2005, all’età di 79 anni, partecipò alla maratona di Londra. Morì il 29 ottobre 2011, due giorni prima del suo 85° compleanno, quasi in odore di santità, ed è stato sepolto in una bara d’oro. Sulla sua lapide c’è scritto: “It was fun while it lasted”, è stato divertente finché è durato.
I problemi sono emersi dopo. Il 3 ottobre di quest’anno, un documentario trasmesso da
Exposure, un’isola felice di giornalismo investigativo all’interno del palinsesto piuttosto mediocre della principale emittente commerciale britannica, la Itv, ha rivelato che Savile abusava regolarmente di ragazze di età compresa tra i 13 e 16 anni. Si è scoperto, insomma, che se volevi che Jimmy esaudisse il tuo sogno, c’era spesso un prezzo da pagare. Le ragazze non lo denunciavano perché Savile era considerato un uomo buono, un santone mediatico un po’ pazzerello, certo, ma non cattivo. Invece di stare a casa con sua madre, con cui viveva, lui si dava da fare per aiutare i giovani, visitando gli orfanotrofi, gli istituti per i minorenni e gli ospedali pediatrici. Era così impegnato in questa sua missione da passare poco tempo con altri adulti (ma eravamo tutti ciechi?).
Un fiume di racconti
Apriti cielo. La trasmissione ha avuto un effetto liberatorio, scatenando un fiume di confessioni e racconti covati per tanti anni. La polizia ha aperto un’indagine. A oggi si sono presentate più di 200 persone per raccontare gli abusi commessi da Savile in più di trent’anni. Pochi giorni dopo, uno degli investigatori di Scotland Yard ha definito Savile, senza mezzi termini, come un predatory sex offender.
La Auntie Beeb (la Zia Bib, contrazione affettuosa di una sigla che in italiano suona come “bibisì”) si è trovata nella posizione scomoda di dover riportare e approfondire la notizia di un caso che vedeva se stessa sul banco degli imputati. I vertici della British Broadcasting Corporation sono accusati prima di tutti di aver chiuso un occhio per tanti anni davanti a un lato oscuro di Savile di cui adesso tutti parlano come un segreto di Pulcinella (e allora perché non si è mai fatto niente?). Ma anche di avere contribuito a staccare la spina a un’inchiesta che alcuni giornalisti di Newsnight, una trasmissione proprio della Bbc, stavano realizzando parecchi mesi prima del documentario della Itv. Sembra che il motivo principale per lo stop alle rivelazioni di Newsnight fu il fatto che la trasmissione sarebbe andata in onda sotto Natale, quando la Bbc aveva programmato una trasmissione agiografica che celebrava la vita e le opere pie di Savile.
Lo scalpore destato dallo scandalo ha già portato alla sospensione di Peter Rippon, l’editor di Newsnight, responsabile di avere staccato la spina all’inchiesta dei suoi giornalisti. Ma si sospetta che la mattanza in atto all’interno della Bbc possa arrivare più in alto, forse fino al direttore generale George Entwistle.
Dunque sono tempi difficili per Auntie Beeb. Ma uno degli aspetti più interessanti del caso, dal punto di vista mediatico, è la questione di come le varie redazioni giornalistiche della Bbc hanno riportato lo scandalo. Relegandolo a una notizia a pie’ di pagina? No. Almeno fino all’ultimo dibattito Obama-Romney è stato in prima pagina, sia sul sito sia nei vari telegiornali e giornali radio.
Sul giornale radio di Bbc Radio 4 ho sentito perfino il presentatore dire: “Abbiamo chiesto un commento ai vertici della Bbc, ma hanno preferito non rispondere”. E quando Panorama, una storica testata di giornalismo d’assalto della Bbc, ha affrontato il caso in una puntata trasmessa la sera di lunedì 22 ottobre, la redazione ha chiesto e ottenuto che il direttore generale, essendo parte in causa, non visionasse il programma prima della messa in onda.
Mosse riparatorie? Correttezza tardiva? Forse. Ma come scrive Dan Sabbagh, un opinionista del Guardian, “la prova del nove per qualsiasi gruppo editoriale è la trasparenza con cui indaga su se stesso”.
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